Finalmente ho capito come funziona l'Unione Europea

Nel giorno dell'anniversario dei Trattati di Roma, una 16enne ci spiega l'Europa unita.

Ho capito che le grandi potenze europee, entrate in quella sala, non perdono tempo, come si è soliti pensare. E se non dovesse essere così, noi ragazzi di "Nous les Européens" abbiamo dato un piccolo esempio. Ci siamo impegnati come veri parlamentari

di Mariagrazia Mancuso*

"UE", simbolo visto e stravisto. Sin da piccoli ci abituano a vederlo. Come marchio sui giocattoli, tanto per dirne una. Certo, tutti sanno cosa significa. UE sta per Unione Europea. Semplice no?

Ma qualcuno si è mai chiesto a cosa serve l'Unione Europea? O meglio, alzi la mano chi ha capito come funziona. Quali sono le procedure, le modalità. Beh, difficile vedere qualche dito alzato. Soprattutto tra i ragazzi.

Eppure, c'è chi una soluzione per noi giovani l'ha trovata. L'associazione United Network in collaborazione con l'istituto francese Grenoble di Napoli, ha ideato un corso con uno scopo ben preciso: avviare carriere diplomatiche, ma soprattutto giovani capaci di comprendere e interpretare quello che è il motore della società, il parlamento europeo. Altro scopo è anche l'assimilazione della lingua francese, certo.

Ebbene sì, "Nous les Européens" prevede tre giornate di simulazioni parlamentari all'istituto francese partenopeo. Dalle nove del mattino fino alle cinque del pomeriggio. Insomma, gran bel lavoro per i partecipanti. E io, sono tra questi. Quando la mia professoressa di francese ha presentato il progetto in classe, ho subito pensato fosse interessante. O più che interessante, io direi affascinante. Già, non tutti hanno l'opportunità di scoprire questo settore. E' una conoscenza che, nel proprio bagaglio culturale, fa la differenza. Dunque, ho dato la mia adesione.

Io e una mia compagna di classe abbiamo intrapreso questo percorso di formazione. Formazione avviata il 17 febbraio. Il fatidico giorno in cui tutti i partecipanti ricevono le informazioni necessarie.

Arrivate in via Crispi e varcata la soglia del Grenoble, l'aria che si respira fa bene ai polmoni, ma soprattutto al cervello. Già, l'aria di cui sto parlando è la sete di conoscenza, la voglia di scoprire.

Ansia è dir poco. E gli svariati viaggi tra pullman e metropolitane di certo non aiutano a far diminuire la tensione, lo stress. Ma si sa, alla fine l'importante è la motivazione. Il resto passa in secondo piano.

Nella sala per le cerimonie ufficiali, le organizzatrici del progetto ci hanno dato tutte le delucidazioni possibili. Incominciando dalla storia dell'Unione Europea fino alle modalità della simulazione. E qui il gioco si fa duro: a ogni ragazzo corrispondono una nazione da rappresentare e un orientamento politico. La problematica da analizzare per ogni Paese è l'abbandono scolastico precoce. Tematica interessante. E interessante forse è dir poco. Fa riflettere su aspetti tenuti all'oscuro, nascosti in un angolino. D'altronde non se ne parla mai, o almeno non gli viene attribuita l'importanza che merita. Sarà che al governo fa comodo l'abbandono scolastico? La gente ignorante è molto più facile da manipolare. Chissà.

Comunque sia, la nazione assegnatami è l'Italia e faccio parte dei socialisti democratici. Facile, mi dico. Essendo italiana, rappresentare lo stivale mi risulta sicuramente più facile. Inoltre, i socialisti democratici da sempre si battono per la cultura. E quale miglior rimedio se non la diffusione della cultura per i bambini che lasciano la scuola?

Sembra tutto facile, tutto semplice. Ma non è così. Come si suol dire, parlare è facile ma il mettere in pratica è tutta un'altra storia. Beh, questa è una delle cose che ho imparato da "Nous les Européens". Ebbene sì, facile a dire "ma per approvare una legge quanto ci vuole", "il governo se ne sta con le mani in mano" oppure "ma quanto durano le sedute parlamentari? ma che fanno i delegati, dormono?". Francamente, sono domande che mi son sempre posta anche io. Domande che hanno avuto una risposta i giorni 9, 10 e 11 marzo. Giorni dove la teoria ha lasciato spazio al cosiddetto savoir-faire (giusto per rimanere in ambito francese).

La prima giornata è iniziata col distribuire le targhette col Paese e il gruppo politico assegnati e anche il badge col nome, proprio come in parlamento. Dopodiché il dibattito ha inizio. Ci sono dibattiti formali ei informali. I primi servono a capire la singolare situazione di ogni nazione, negli altri i delegati si riuniscono trovando una soluzione al problema con una raccomandazione scritta.

Il primato va ai dibattiti formali, ovvio. Noi seduti nella tribuna e una delle organizzatrici, che ha il ruolo di presidente, è seduta sul palco. E' proprio lei a chiedere mozioni per l'apertura e chiusura dei dibattiti. Dibattiti tutti in lingua francese, ovvio. Ogni "delegato" ha preso la parola al microfono, illustrando la situazione del proprio Paese con la messa in evidenza delle cause e delle possibili soluzioni.

Il lavoro più insidioso è in serbo per dopo. Difatti, dopo un'intera mattinata ad ascoltare la posizione di ognuno, prendono posizioni i dibattiti informali. Confronti e dialoghi con gli altri ragazzi. Unico scopo: formare delle alleanze. Dopodiché, le due giornate successive ogni schieramento si batte per i propri ideali e soluzioni al problema in questione. Soluzioni trasformate in leggi da una raccomandazione scritta da ciascun gruppo politico. La raccomandazione passa se, nella votazione, si raggiunge il quorum.

Noi ragazzi di "Nous les Européens" abbiamo formato due schieramenti. E, nel terzo e ultimo giorno, abbiamo presentato le nostre raccomandazioni. Entrambe accettate. A seguire, la cerimonia di premiazione con gli attestati consegnati direttamente dal console di Francia, Jean Paul Seytre.

Noioso, starete pensando. E invece no, cari lettori. Un'esperienza del genere, per quanto possa apparire poco divertente - e perfino pesante - cambia prospettiva, il modo di vedere le cose. Un esempio. Se prima ritenevo - ingenuamente - che i politici non si dessero una mossa a far cambiare la rotta di una società a rotoli, ora capisco che ci vuole tempo. E tanto anche.

Ora lo capisco. Lo capisco perché l'ho provato sulla mia pelle. Noi giovani "deputati" abbiamo faticato per trovare una soluzione comune. Cosa che a primo impatto sembrava impossibile. Tra disaccordi, litigi e incomprensioni scrivere una legge valida, uguale ed efficace per tutti non è per niente una passeggiata. Pazienza, coraggio e determinazione. I tre ingredienti per prendere posizione e far prevalere, far vincere il proprio pensiero su quello degli altri. Ripeto, non è facile.

Ho capito che le grandi potenze europee, entrate in quella sala, non perdono tempo, come si è soliti pensare. O almeno lo spero. E se non dovesse essere così, noi ragazzi di "Nous les Européens" abbiamo dato un piccolo grande esempio. Grande perché, nonostante fossimo lì soltanto a simulare, a fingere, abbiamo preso a cuore la problematica. E ci siamo impegnati come veri parlamentari. Abbiamo impersonato il motto dell'Unione Europea, "unità nella diversità". E lo abbiamo fatto realmente.

*Studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola lavoro.