Ragazzi suicidi dopo gioco sul web. Ecco perché è una bufala

Sull'ormai famigerato Blue Whale poche certezze e tante notizie incontrollate.

Sembra una leggenda diventata virale sul web piuttosto che una storia vera. Un po' come il knock-out game, quelli che tiravano pugni ai passanti prima di filarsela. I media hanno parlato di moda. Era una cavolata.

di Luciano Trapanese

E se Blue Whale, il gioco della Balenottera blu che spinge i ragazzi al suicidio, fosse solo una leggenda che si autoalimenta sul web? Il servizio delle Iene su questo fenomeno in rete, che avrebbe portato alla morte di 150 ragazzi in Russia e si è poi esteso al mondo intero, Italia compresa, ha suscitato molta impressione. Ma sollevato anche tante perplessità.

Una notizia troppo forte per non essere vera. E come tutte le news con queste caratteristiche la diffusione sul web diventa presto globale. Si autoalimenta, assorbe anche evidenti fake e li trasforma in fatti, numeri che – paradossalmente – trovano conferme uno nell'altro. Nascondendo l'origine, che magari è fasulla.

Siamo andati in rete per verificare, trovare delle verità indiscusse, dei collegamenti.

L'unica notizia certa è l'arresto di un 20enne russo, Philipp Budeikin, sotto accusa per aver incitato almeno sedici adolescenti al suicidio. Prima si è dichiarato innocente («era solo un esperimento per verificare se il post diventava virale»), poi ha ammesso: «Ripulisco la società da persone inutili». Ora dovrebbe essere libero, ma l'unica fonte è il poco attendibile Mirror.

Su Facebook si sono aperte molte pagine. Tutte che mettono in guardia i ragazzi dal gioco che prevede il suicidio in cinquanta mosse (sono le fasi da superare prima di arrivare al gesto estremo). Ma non ci sono dati, si riportano per veri anche episodi che poi sono risultati non riconducibili al Blue Whale. Proprio come il suicidio del ragazzo italiano, che qualcuno ha attribuito alla “balena”: gli investigatori hanno escluso qualsiasi legame.

I primi a parlarne sono stati i giornalisti di Novaya Gazeta Russa, nel maggio dello scorso anno. Tutto sarebbe partito da un gruppo chiuso su Vkontakte, il Facebook russo. Il gruppo si sarebbe chiamato “Svegliati alle 4:20”. Ora, 420 è il numero che in rete indica la marijuana. Tutto ha origine da un gruppo di persone di San Rafael, in California, i Waldos (si vedevano vicino a un muro – wall – all'esterno della scuola). Stabilirono di incontrarsi ogni giorno alle 4:20 davanti alla statua di Pasteur. Quel 4:20 è poi diventato la parola in codice tra i ragazzi per definire l'erba... Dunque quel “Svegliati alle 4:20”, può indicare qualcosa di diverso da una istigazione al suicidio.

Ma non solo, si è molto discusso anche sull'hastag utilizzato anche su Instagram: F57 (legato al gioco). Ne è nata tutta una sequela di teorie, di collegamenti tra il gioco e i suicidi, di rituali. E invece Budeikin dà una motivazione molto più semplice: «Ho riso molto quando ho visto tutti i tentativi di dare una spiegazione. Eppure è semplice: F è l'iniziale del mio nome, 57 le ultime due cifre del mio numero di telefono».

Ma non solo. In Russia il numero dei suicidi tra gli adolescenti è tre volte più alto che nel resto del mondo. Da quando si è “scoperto” il gioco, questo numero non è aumentato. La polizia non ha trovato nessun legame diretto tra i suicidi e la “balena”. Neanche nella memoria dei computer dei ragazzi che si sono tolti la vita. La spiegazione che è stata data non è molto credibile: i master che guidano gli adolescenti verso la morte chiedono sempre di cancellare la cronologia (sistema che non basta certo a eliminare le prove).

Molti familiari delle vittime ritengono plausibile il plagio via web che ha spinto i loro ragazzi a togliersi la vita. C'è una motivazione chiara in queste affermazioni: scaricano un inevitabile (e comprensibile), senso di colpa su una entità esterna, anche se virtuale.

Suicidi di questo tipo si sarebbero verificati anche in Sudamerica (Brasile e Argentina). Ma anche lì, nessuna prova concreta sulla relazione tra la Blue Whale e la decisione di morire.

La storia della “balenottera” (presa a simbolo perché si ritiene – sbagliando – che il cetaceo si uccide lasciandosi arenare), somiglia molto alla trama di un film horror. C'è tutto l'immaginario cinematografico in materia: un master misterioso che impartisce ordini via internet. Cinquanta sfide da superare. La sveglia alle 4:20 di notte per ascoltare musica deprimente e guardare video angoscianti. Le minacce: se non vai avanti... Le notti passate al buio sul tetto degli edifici o a cavalcioni su un ponte. Le ferite auto inflitte. Il disegno inciso sulla pelle di una balena.

C'è chi ha voluto vederci dentro un diabolico sistema di controllo psicologico (roba da scienziati del vecchio Kgb).

Di certo i gruppi Fb o di altri social dove si parla e si discute anche con certi termini di suicidio esistono e sono tanti. Gli stessi gruppi ai quali molti ragazzi russi si sono iscritti prima di togliersi la vita. E dove spesso vengono postate immagini agghiaccianti, comprese quelle di ragazzi che si lanciano da un balcone.

Ma da qui ad affermare che esiste un “gioco”, capace di intrappolare i nostri ragazzi e di spingerli a rinunciare alla vita, ci sembra – al momento – un azzardo. E' una cosa che suscita inquietudine, paura, curiosità: e per questo diventa notizia. O meglio: una notizia incontrollata.

Sulle pagine Fb dedicate alla Blue Whole, nate per mettere in guardia gli adolescenti, si assiste a uno strano fenomeno: la maggioranza dei post sono scritti da ragazzi e ragazze che chiedono informazioni: voglio giocare, come si fa a iscriversi al gioco?

La balena puzza dunque di bufala mediatica. Un po' come – e lo ricorderete – l'arcinoto knock-out game. I ragazzi che tiravano un pugno a una persona a caso prima di filarsela. Ne hanno parlato tutti, per settimane. Servizi televisivi, inchieste, anche qualche dibattito pubblico. Era una cavolata.