Il lavoro migliore del mondo? 200mila euro per non fare nulla

Basta andare alla Rai.Un mare di privilegi. E per gli ex busta paga pesantissima a gratis.

Tra i superpagati per non muovere un dito anche l'irpino Pionati. C'è un tetto di 240mila euro, bellamente superato. A partire dall'ad, che si accontenta di 652mila.

di Luciano Trapanese

Ora sono tutti indignati. Anche di più. Il Pd sbraita: una vergogna strapagare chi non fa nulla». Eppure accade, alla Rai. Televisione di Stato. C'è chi intasca un assegno da 200mila euro l'anno senza muovere un dito (tra questi anche l'irpino Francesco Pionati), e i vertici che – fregandosene del tetto fissato a 240mila euro – ricevono compensi da 300mila euro in su (fino ai 652mila euro dell'Ad Antonio Campo Dall'Orto). Uno sproposito. Per giustificarsi aggiungono: sono stipendi in linea con quelli della Bbc. E cosa c'entra la Rai con una delle più seguite, apprezzate e autorevoli emittenti di Stato a livello mondiale? E' come se un calciatore del Sassuolo – siamo in periodo di calciomercato, l'esempio è inevitabile – percepisse lo stesso stipendio di uno del Barcellona. Beh, in fondo danno entrambi calci al pallone.

Ma la vergogna, quella vera, non riguarda solo i massimi dirigenti (che almeno dovrebbero lavorare). Il punto vero, la pietra dello scandalo, è anche un altro: i mega stipendi a sei cifre elargiti con la consueta puntualità a chi in Rai non ha più un ruolo. Non lavora, gira i pollici. O, come dice Orfini, Pd: «Va in ufficio con la mazzetta dei giornali e l'unica occupazione è quella di annaffiare la pianta accanto alla scrivania». Senza contare gli altri, e sono tanti, stipendi prossimi ai 200mila euro di giornalisti («che sfruttano – come dice sempre il Pd – il legame incestuoso con la politica»), che fanno poco per non dire quasi niente. Magari finiti ai margini della produzione e neppure interessati a trovare una collocazione.

Funziona così anche alla Bbc? Oppure lì, dove i partiti non possono mettere piede, si paga solo chi lavora?

Ma mica è finita. Nonostante i dirigenti (attuali), gli ex dirigenti (nullafacenti), i giornalisti senza ruolo (di fatto nullafacenti allo stesso modo), la Rai sente il bisogno di affidarsi, e in modo massiccio, anche ad esterni (sempre strapagati). Un buco senza fondo, soldi pubblici (nostri), letteralmente buttati dalla finestra. In un mondo, quello dell'informazione, che vive al contrario un momento di profonda crisi. E dove gli antichi privilegi non contano più nulla (fuori dalla Rai).

Provate a chiedere ai tanti precari (che lavorano anche nella tv pubblica), costretti a orari di lavoro durissimi e a stipendi ultraminimi (e per non più di sei mesi). Ebbene, la pubblicazione dei maxi stipendi di dirigenti e colleghi, cosa deve suscitare?

Ma basta fare un salto a Sky, dove i giornalisti hanno compensi in linea con il contratto nazionale. Sarà che lì, per citare le verginelle indignate, non c'è stato nessun incesto con la politica?

In Rai hanno chiamato l'iniziativa della pubblicazione degli stipendi «operazione casa di vetro». Forse era meglio se – prima di offrire al pubblico lo scandalo dei loro emolumenti -, tagliavano un bel po' di quattrini dalle loro buste paga. Si capisce anche perché, i giornalisti della rete pubblica, non trovano eccessivi i soldi intascati da parlamentari, consiglieri regionali, amministratori di enti, enticelli, e partecipate di ogni ordine e grado. Sono in linea con i loro. Anche se non fanno niente. Paga sempre lo Stato. Cioè nessuno (per loro). O meglio, tutti noi.