Perché sono fuggito? Amo una donna cristiana

Omar è musulmano. Racconta la sua odissea. Vive nello Sprar di Petruro, con la moglie e due bimbi.

«I miei genitori non accettavano la nostra relazione, non ci hanno lasciato scelta. Lì abbiamo altri due figli. Il viaggio? Un incubo. Un barcone accanto al nostro è affondato: sono morti tutti. (foto di Giulia M. Trapanese)

Omar viene dal Ghana, ha 29 anni e vive a Petruro Irpino, piccolissimo comune in provincia di Avellino, insieme alla sua famiglia. Petruro con i suoi abitanti ha aderito al progetto Sprar, che consiste nel creare centri di seconda accoglienza per immigrati che si interessino della loro integrazione in Italia, così che un giorno, imparato l’italiano e trovato un lavoro, questi possano vivere nel nostro Paese come cittadini italiani. Quello di Petruro è uno Sprar particolare, speciale. Non accoglie semplicemente immigrati, ma interi nuclei familiari scappati per necessità dai propri Paesi e arrivati in Italia con la speranza di poter creare qui un futuro che nei loro luoghi di origine era impensabile, per garantire ai bambini una vita serena.
A Petruro si respira una bella aria. È un paesino che conta pochissime centinaia di abitanti. Eppure è estremamente vivo, e cuore pulsante del paese sono i beneficiari dello Sprar, i cittadini affermano che sono stati proprio gli immigrati a rendere più vitale il comune.
Omar è uno dei beneficiari. Vive da otto mesi a Petruro insieme alla moglie incinta e a due dolcissimi bambini, un maschio e una femmina.

Lo incontriamo nella piazzetta di Petruro, dove gioca insieme al figlio con una macchinina telecomandata. Ci racconta che prima lui e la moglie vivevano in un centro di accoglienza ad Aversa, ma che si sono trasferiti a Petruro con la nascita del primo figlio, proprio perché lì accolgono intere famiglie.

«Mia moglie ha due anni meno di me, ne ha 27. Siamo sposati da 10 anni. Siamo dovuti scappare dall’Africa. Abbiamo deciso di andarcene via, senza avvisare nessuno. Non a causa della guerra, ma per un problema culturale che la mia famiglia non riusciva superare».

Omar è musulmano, sua moglie è cristiana. Per i suoi genitori il loro matrimonio era inaccettabile.
«I genitori di mia moglie ci hanno accettati senza problemi, ma i miei no. E allora abbiamo deciso di scappare. Con un barcone siamo arrivati in Italia. Qui ci troviamo bene».

«Per noi professare diverse religioni non è mai stato un problema. Io ho letto il Corano e anche la Bibbia. Se mia moglie va in chiesa a pregare per me va bene”.
Omar ci racconta della loro vita a Petruro. Hanno un piccolo appartamento e vivono, seppur seguiti dagli operatori dello Sprar, autonomamente.

«Qui siamo felici, ci sentiamo al sicuro. Non abbiamo intenzione di tornare nel nostro Paese, anche se ci sono cose che ancora ci tengono legati a quel posto. I miei genitori ormai sono morti, ma lì vive ancora mia sorella, e insieme a lei altri due nostri figli, di 4 e 7 anni. Non potevamo portarli con noi, il viaggio in barca sarebbe stato troppo pericoloso per loro».
«Ci abbiamo impiegato 13 ore ad arrivare in Italia. Siamo partiti dalla Libia. È stato un viaggio lunghissimo, per niente facile. Ringraziando Dio è andato tutto bene, e siamo arrivati qui sani e salvi».

Quando Omar e la moglie sono partiti per l’Italia, insieme alla loro barca ne sono salpate altre due. Una di queste si è rovesciata in mare, e tutti i suoi passeggeri sono morti.

Quali sono i vostri sogni? Come immaginate il vostro futuro?

Omar ci risponde in modo molto semplice, con una speranza che accomuna tutti i beneficiari dello Sprar: «Vogliamo semplicemente trovare un lavoro, sia io che mia moglie. Qualunque lavoro andrà bene. Vogliamo continuare a vivere qui, far crescere i nostri bambini in un luogo dove non c’è guerra, dove ci sentiamo accolti e rispettati

Vittoria Marcucci*

*Studentessa del Vivaio di Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro