Ad Avellino comanda il partito dei parcheggiatori

Minacce e clientele. La città sotto scacco. Gengaro accusa Foti. Foti accusa Di Nunno.

Ma il capoluogo subisce le pressioni di ambienti non cristallini che ne indirizzano anche l'azione amministrativa. E se fuggono anche ditte di Santa Maria Capua Vetere dicendo che ad Avellino non si può lavorare, significa che la questione è seria.

di Luciano Trapanese

Il partito dei parcheggiatori comanda ad Avellino. La sintesi è efficace. E la definizione è di Antonio Gengaro, non uno qualunque: ma un consigliere comunale che conosce bene i meccanismi, le procedure e le distorsioni che hanno trasformato la gestione dei parcheggi nel capoluogo irpino, in un determinante bacino elettorale. Un mezzo di pressione importante. Una questione sociale. E uno strumento che è governato da ambienti border line della città, in bilico perenne sul ripido crinale della legalità.

Le minacce telefoniche al comandante della polizia municipale, Michele Arvonio. Il conseguente rinvio dell'apertura delle buste per l'affidamento dell'appalto. L'inevitabile inchiesta della procura. E la decisione di una delle due ditte concorrenti di ritirarsi «perché ad Avellino non si può lavorare con tranquillità», gettano ombre pesanti sull'intera città. Sull'opacità di alcune gestioni. Sull'impotenza degli amministratori e dell'intero consiglio comunale (silente). E sull'impossibilità di riportare alla normalità il governo locale, imbrigliato da decenni in un labirinto senza via d'uscita, dove legalità e illegalità si confondono nel gioco sporco di clientele e pacchetti di voti.

Sempre Gengaro ha ribadito, con altrettanta efficacia: «La ditta che ha deciso di andare via non viene dal paradiso della legalità, ma da Santa Maria Capua Vetere...». Appunto. E sembra un paradosso che arrivando da una terra dove regnano incontrastati e da tanto i Casalesi, si dica che Avellino, l'ex isola felice per antonomasia, non sia un luogo dove si può lavorare in sicurezza.

Uno schiaffo, un altro. Un'accusa grave, che non ha smosso coscienza. Non ha sollevato reazioni. Niente. Tutto come prima, perché tanto non cambia nulla. Una accettazione supina dello status quo. Che fa comodo a tanti. Soprattutto a quelli che temono di perdere consenso elettorale se solo si azzardano a sollevare la questione. Se solo si permettono di ribadire il collegamento stretto tra la gestione dei parcheggi e un bel pacchetto di voti.

Clientele e minacce. In uno stile da delinquenza organizzata. Capace di alterare equilibri politici, in possesso di un consistente potere economico e – lo ha dimostrato -, in grado di utilizzare l'arma forte della pressione violenta per ottenere quello che vuole.

Lo abbiamo già detto: è un sistema che si replica anche altrove. Più o meno uguale. A Monteforte Irpino come a Montoro. E naturalmente – magari in modo più sotterraneo – in tante altre realtà. Soprattutto dove gli amministratori – magari anche in passato - sono scesi a patto con determinati ambienti pur di ottenere dei vantaggi nelle urne. Una deformazione ulteriore di una deformazione già dirompente per il vivere civile: quello delle clientele. Una gestione passata dalle mani dei politici (e non era una cosa buona), a quella di ambienti non proprio cristallini (ed è anche peggio). Ambienti che utilizzano questo “potere” per condizionare scelte amministrative determinanti per la città. Se a questo si aggiunge lo strapotere dei burocrati comunali (ma questo è un altro discorso, lo affronteremo presto), che speculano sull'incompetenza manifesta di quanti sono chiamati a dare un governo alla città (e la storia si ripete quasi ovunque), il quadro è completo.

Da tempo molti hanno individuato in questo legame malato il vulnus che corrompe alla radice il buon governo di Avellino. Ma nessuno è stato in grado di estirpare il virus.

Il sindaco Foti lo ha ammesso. Ma anche ribaltato le colpe sulla scelta di Di Nunno: non avrebbe dovuto affidare certi servizi a gente da recuperare. Gengaro (che di Di Nunno era il più stretto collaboratore), replica dicendo che le intenzioni dell'ex sindaco sono state tradite.

Ora non si tratta di addebitare colpe, ma di risolvere un problema. Grave.

Siamo alle porte delle prossime amministrative. Si delineano schieramenti (tanti) e candidati (tantissimi). Piovono promesse e premesse. Le valuteranno gli elettori. Ma una, una soltanto dovrebbe essere comune a tutti: riportare Avellino nel pieno rispetto della legalità. Senza cedere a ricatti, a miraggi clientelari, ad ambienti che nessuno definirebbe immacolati. Sarà possibile? Chissà. Dopo tanti anni essere pessimisti è quasi un dovere, una autodifesa. Voi cosa ne pensate?