Attentati e foreign fighters: Occidente vittima e carnefice

Massimo Cozzolino, imam di Napoli, non ha dubbi. La risposta dell'Islam agli estremisti.

L'accorato intervento a Petruro nel corso del festival W&W – Porti di Terra – dedicato ai temi dell'accoglienza e dell'integrazione.

di Pasquale Cuomo

“Esiste una guerra interna all’Islam?” la domanda.
“I gargarismi pronunciati dall’alto o dal basso, riguardo gli stranieri identificati necessariamente all’Islam e quindi all’Isis. Questo crea una guerra interna all’Islam. Una guerra tra parti, tra chi resta fedele all’Islam vero, genuino, che predica la tolleranza, l’amore e chi viene attratto in una condizione intransigente, assolutamente non interna all’Islam.” La risposta.
A parlare è Massimo Cozzolino, imam della comunità musulmana di Napoli. Siamo a Petruro Irpino, Sprar Caritas.

Inizia il festival “Porti di Terra” che nel week-end che va dal 26 al 28 maggio vedrà relazioni, convegni e interventi di professionisti, giornalisti e rappresentati delle istituzioni. I primi relatori della giornata di apertura, insieme all’imam Cozzolino, sono il sindaco della cittadina irpina Giuseppe Lombardi, l’arcivescovo di Benevento Felice Accrocca, il segretario nazionale Cei monsignor Nunzio Galantino, Oliviero Forti responsabile nazionale caritas per l’immigrazione e Regina Catrambone fondatrice dell’Ong MOAS. Relatori eccellenti, tutti sullo stesso palco per parlare di immigrazione, Sprar, Ong, libertà di culto e trasparenza nell’informazione.
“Integratevi” – continua- rivolgendosi ai tanti immigrati e beneficiari del progetto Sprar, giovani e non, sia musulmani che cristiani. Un’esortazione al dialogo, all’accoglienza dei valori altrui e al rispetto degli stessi “Parole – dice- che sono presenti nel Corano e che sono una componente fondamentale della fede islamica. Avvicinatevi alla società.”
Una prospettiva, quella mostrata dall’imam, che mette a tacere coloro che inveiscono, strepitano o semplicemente sentenziano della bellicosità e della pericolosità dell’Islam e dei suoi fedeli. Un’operazione di isolamento, di non ascolto a priori dell’altro e degli altri che rischia “Di creare un sottoprodotto della nostra società occidentale: i foreign fighters.”
Un foreign fighter è un combattente, o militante, non necessariamente nato entro i confini geografici di uno stato ma che di questo abbraccia gli ideali o la cultura e decide di combattere in suo favore. Discorso largamente applicabile all’Isis che di questi si serve per spostare la guerra, attraverso il terrorismo, oltre i confini geografici del medio-oriente. Inevitabile quindi parlare dei fatti accaduti a Manchester il 23 maggio. Un concerto di una famosa pop star, una folla di adolescenti e bambini, un attentato immediatamente rivendicato dall’Isis compiuto da un cittadino inglese, figlio di rifugiati di fede islamica.

“Siamo ancora spaventati, terrificati, da quello che è accaduto a Manchester. Un cittadino inglese, figlio di rifugiati, che dopo esser cresciuto, educato, nella società occidentale ha deciso di farsi esplodere a un concerto uccidendo dei giovani, dei bambini. La nostra difficoltà è quella di trovare una spiegazione a questo fenomeno. Coloro che scelgono di andare a combattere e di associarsi a coloro che innalzano impropriamente il vessillo di Islam compiendo atti sacrileghi non sono nient’altro che il sotto prodotto di una società nostra, che hanno conosciuto questo mondo ma che hanno deciso di andare a combattere.”
Così è stato nella laica Francia, così in Germania. Seconde generazioni, figli di immigrati, occidentalizzati, che tutta via si rivolgono contro l’Occidente stesso. Viene da chiedersi quanto l’ Occidente abbia davvero accolto, ascoltato, integrato. A determinate azioni rispondono delle reazioni. All’isolamento e alla diffidenza rispondono l’insoddisfazione e l’odio, converrebbe non isolarsi, non diffidare. Accogliere e soprattutto aprirsi.
Ma parlando di Oriente e Occidente sembra sempre di porre un muro, una linea invalicabile. Noi di qua, loro di là. Ci si estranea.
“Mondo giudaico- cristiano e mondo islamico hanno radici culturali e geografiche comuni, simili, presenti anche in questa terra, il sud-Italia. Valori quali la misericordia, l’accoglienza, il rispetto dell’altro, la sacralità della vita sono presenti in questi culti.”
Il culto. Ma dove si professa il culto? Moschee, chiese, strutture. Edifici dove si celebra la fede e da questa si apprendono i valori. Luoghi, riconosciuti dalla costituzione italiana che non nega la libertà di culto, né la creazione di uno spazio fisico per praticare questa libertà.
“Ma i culti sono stati bersaglio di una parte della classe politica” afferma rifacendosi alle dichiarazioni diffamatorie del leghista Mario Borghezio nell’Aprile 2013 ai danni dell’allora ministro delle pari opportunità Cecile Kyenge. Dichiarazioni per le quali la giustizia si è pronunciata contro il senatore Borghezio accusato di diffamazione aggravata da spinta all’odio razziale.
“La giustizia ha fatto il suo corso. Questo è significativo, che ben venga. Che faccia la giustizia il suo corso contro chi cerca di ledere la libertà concessa dalla costituzione, chiudendo o impedendo la costruzione delle moschee. Tutto deve venire in un orizzonte di legalità. Le moschee sono il luogo dove si alimenta lo spirito, dove si formano i giovani e dove possano essere educati ai valori della misericordia e del rispetto”.
Un cammino comune tra oriente e occidente, che non sono così distanti, che trovano le proprie radici in uno stesso terreno.
“Un cammino comune si trova qui, in questi valori. Coloro che avversano questi valori che alimentano lo spirito sono i fiancheggiatori degli assassini.”

Un cammino comune, responsabilità comuni. Questo emerge da quanto detto e la consapevolezza che l’Occidente seppur vittima, in alcuni casi, non è esente da colpe.