Pedofilia, quando l'orco è innocente

Quando i mostri non sono mostri. Ma vittime del sistema giustizia. Condannati anche se assolti

Ci sono accuse infamanti, ma la peggiore è senza dubbio quella di aver abusato di un bambino. Lo sanno anche i detenuti – ma ne parleremo dopo -, che non risparmiano punizioni nei confronti dei pedofili, veri o presunti. Al punto che nei penitenziari i reclusi per reati che riguardano la sfera sessuale sono tenuti a distanza dagli altri, in celle o sezioni distinte.

Le cronaca si occupa spesso di questi casi. Ma non si sofferma abbastanza sulle storie di quanti – arrestati per presunte violenze nei confronti di minori -, vengono poi assolti o addirittura prosciolti (e quindi riconosciuti innocenti ancor prima della celebrazione dei processi). La cronaca è piena anche di questi episodi, che però non trovano lo stesso spazio sugli organi d'informazione. I “mostri innocenti”, evidentemente, non fanno notizia. O peggio: nonostante la giustizia abbia dimostrato una chiara estraneità dalle accuse, resta perenne il dubbio. Quel macigno di diffidenza che li accompagnerà per sempre. Quella semplificazione che avvelenerà la loro esistenza: se l'hanno arrestato qualcosa aveva commesso.

Ufficio dell'avvocato Annibale Schettino. Più di qualche anno fa. Vista sul palazzo di giustizia di Avellino. Di fronte a noi un 30enne. E' stato scarcerato da pochi giorni. Era finito in cella per dei presunti abusi sessuali nei confronti della cognata di appena undici anni. Le manette erano scattate sulla base di una confidenza, una mezza ammissione della piccola con una maestra. Nulla di chiarissimo, concreto. Ma il reato è grave, la possibilità che venga ripetuto altissimo, e c'è da tutelare la minore.

 

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Un mese di carcere. Articoli sui giornali. La gogna in paese. La vergogna della moglie. Poi l'incidente probatorio: il giudice per le indagini preliminari ascolta la presunta vittima. C'è anche uno psicologo dell'età evolutiva. Le domande non sono dirette, ma scavano fino in fondo, alla ricerca della verità. Che arriva: nessun abuso, nessuna violenza. Un colossale equivoco. Fine dell'inchiesta. E quel 30enne è di fronte a noi, per raccontare la sua storia.

Ha vergogna, si esprime con mezze frasi, spesso scollegate fra loro. Ma dopo un po' il quadro è chiaro: in carcere ha subito per settimane brutali abusi sessuali da parte di due fratelli reclusi con lui nella stessa cella (in prigione, già condannati, per aver violentato un ragazzo disabile).

In paese non credono alla sua innocenza. E in più è uscito spezzato dal penitenziario di Bellizzi. L'avvocato avrebbe chiesto il risarcimento per ingiusta detenzione. Pochi spiccioli.

L'orco non era orco, e la sua vita non sarà più la stessa.

Un'altra storia. Un'altra zona della provincia (evitiamo i dettagli per non ripetere la gogna). Lui è un commerciante. Finisce in manette. L'accusa: aver abusato di una ragazzina 13enne. Lì, nel suo negozio. Nessun proscioglimento, c'è il processo. Mesi, anni, con il marchio del pedofilo. Poi la sentenza. Assoluzione piena. Nel corso del dibattimento la sua innocenza è stata dimostrata in modo palese. Gli indizi a suo carico cancellati da prove inoppugnabili. La vita della vittima che lo accusava merita un breve racconto, era stata segnata da un dramma terribile. Avrebbe subito da suo padre degli stessi abusi. Quel processo si era chiuso con la condanna dell'imputato, che aveva ottenuto il beneficio della detenzione domiciliare (un errore clamoroso). Schiacciato dalla vergogna aveva fatto esplodere l'abitazione: era morta sua moglie e un'altra figlia, più piccola. Per lui gravissime ustioni. Molti si sono chiesti – dopo la vicenda del commerciante – : e se era disperato perchè innocente? Non lo sapremo mai. Ci resta la verità giudiziaria, e per quella verità è colpevole. Come è risultato colpevole anche della strage della sua famiglia. Ergastolo.

Orchi veri. Orchi innocenti. Il reato è così odioso che basta un sospetto per essere colpevoli. Per una volta abbiamo voluto dedicare due righe a chi è rimasto schiacciato nell'ingranaggio. Anche se non aveva fatto nulla. Quasi un atto dovuto.

Luciano Trapanese