l'Eremita. «Vi racconto Ugo e la rassegnazione di Avellino»

Un nuovo artista firma opere uniche. Marchio di fabbrica la sua innata capacità di stupire

L'Eremita fa riflettere. Anche in altre città, non solo italiane. Muri urbani diventano la galleria dei suoi messaggi taglienti

Avellino.  

Disegna la rassegnazione della città. Di lui sappiamo poco o niente. Nome d'arte apparso all'improvviso in città è "L'Eremita".
Il condizionale però è d’obbligo quando si parla di lui e il web lo sa bene. Proprio qualche giorno fa, infatti, sulla collina de La terra, nel cuore del centro antico di Avellino, è partita la provocazione-riflessione. Marchio di fabbrica la sua innata capacità di stupire. Sempre e comunque, L'Eremita fa riflettere.  Anche in altre città, non solo italiane. Muri urbani diventano la galleria dei suoi messaggi taglienti.
Spesso a sfondo satirico, i suoi lavori trattano argomenti come la politica, la cultura e l’ambiente, l’etica e la brutalità della guerra, sempre cercando di instillare la riflessione attraverso una sottile vena umoristica. La sua tecnica prediletta è pennello su carta, poiché, come affermato dall’artista stesso, è “molto più veloce ed efficace per lasciare tracce senza essere sorpresi dalla polizia”.
La sua guerrilla art però spazia molto, sia nelle tecniche che nei supporti utilizzati, ed è quindi riduttivo parlare unicamente di street art.
E così camminando per Rampa Tofara, sentiero antico che collega il castello longobardo alla Collina de La Terra incontriamo Vittorio Ugo. Guardarlo emoziona, cattura, rapisce.
Rivitalizzata e pone al centro un'area dimenticata sospesa a metà tra rilancio e passato, con tutta l'amarezza di una comunità esasperata dalla città cantiere senza fine. Così l'Eremita carica il Victor Hugo di nuovi significati, a volte nati all'interno di un dialogo con la cittadinanza.

Come a dire la realtà sta proprio dietro alla sua rappresentazione.  L’opera fa parte di un nuovo ciclo di interventi urbani, che l’artista affronterà. Interventi che mirano a riqualificare superfici anonime, donando allo sguardo qualcosa di bello su cui soffermarsi, ma che non sono puramente estetici, ma pongono l’attenzione su temi civili e sociali. Raccontano di storie cittadine. Prendono ispirazione dal nostro passato storico, dal nostro bagaglio artistico e culturale. Lo scopo è di far rivivere le superfici, i luoghi. Riuscire a far sostare la gente dove prima non sostava. Il tutto grazie ad una ricerca iconografica, particolarmente ricca, che ribalta il senso del racconto storico attraverso l’utilizzo di simboli impropri. «Credo che agli street artist spetti il compito di smuovere il grigiore delle coscienze, prima ancora che quello delle superfici - spiega L'Eremita -». Victor Hugo è solo, di fronte a una scacchiera, con una mano poggiata alla tempia, in una posa malinconica e al tempo stesso riflessiva, la sua immagine è statuaria, ha appena compiuto una mossa alzando un  cono per la segnaletica urbana. Sulla scacchiera invece delle pedine campeggiano elementi di diversa natura: Una salsiccia, un blocco di cemento con i tondini, un gruzzolo di monete, un castello, delle “P” indicanti parcheggio. Guardando con attenzione si nota un buco proprio nel centro della scacchiera, in cui vi è gettato il castello. No questa non è la visione delirante di un criptico artistico dei tempi nostri. Questa è arte e comunicazione, sensazione e volontà di lettura di quanto accade in una città. «Il suo nome viene ribattezzato in Vittorio Ugo - spiega l'Eremita -. Quasi a voler descrivere un processo di banalizzazione, di consueto appiattimento e rassegnazione che ogni individuo della nostra comunità continua a vivere».   

Simonetta Ieppariello