Notti di sesso e mistero nella vecchia scuola

Pianodardine. Reportage tra senza tetto e amanti occasionali. Le reazioni dei residenti

Avellino.  

«La sera qua c'è un viavai di gente che entra ed esce dall'edificio. Si sentono schiamazzi e voci. Di sicuro deve essere qualcuno di questi extracomunitari che ci sono nei dintorni. Questa è solo una delle ipotesi degli abitanti della periferia avellinese di Pianodardine che da qualche notte denunciano la presenza di qualcuno all'interno dell'ex scuola elementare del quartiere. L'edificio dismesso dal post- terremoto sarebbe ostello di bagordi notturni o forse ricovero per senzatetto. Meno probabile ci sembra la teoria di una signora che ipotizza lì si ritrovino le prostitute che “prestano servizio nelle vicinanze”. Immaginarle scavalcare l'alto muretto che conduce nell'edifico ci sembra alquanto improbabile.

«La scuola – ci spiega il nostro accompagnatore che qui è nato e cresciuto – ha smesso di funzionare poco dopo il terremoto dell'80. Per qualche anno ha svolto la funzione di seggio elettorale per poi essere abbandonata del tutto, quando anche i seggi sono stati spostati nella zona della Ferrovia».

Dinanzi a noi i cassonetti di rifiuti stracolmi riversano il proprio contenuto sul marciapiede. Un gatto lesto fila via mentre ci avviciniamo. Guidati dal nostro accompagnatore aggiriamo l'edificio. Dalle finestre rotte visibili dallo spazio posteriore dell'ex scuola elementare, dove sorgevano i prefabbricati leggeri per ospitare gli sfollati del dopo terremoto, è possibile vedere un divano e dei mobili al primo piano. Sul davanzale della finestra accanto ci sono delle bottiglie di birra semipiene.

Di fronte a noi una feritoia nel muro mostra rifiuti accatastati nel seminterrato. Procedendo di lato si giunge invece al locale che ospita le caldaie. Torniamo nella zona anteriore dell'edificio. Da una finestra semiaperta infondo, sulla quale non sono state apposte le grate di ferro come le altre, grazie al nostro accompagnatore che ci fa da ponte, riusciamo ad accedere all'interno. Sporcizia sul pavimento, pezzi di vetro e coperte buttate alla rinfusa.

Di fronte a noi ci sono le porte serrate dei bagni della struttura, mentre quelli del vano attiguo sono aperti e rivelano una tazza ancora sporca. Una cappa di silenzio e abbandono attanaglia tutta l'aria intorno. Dai frammenti di vetro sul pavimento alle ragnatele sulle pareti, passando per gli oggetti di uso quotidiano, come un barattolo per lo zucchero o quello del caffé, tutto lo scenario intorno sembra consegnare l'edificio ad un eterno limbo, una nenia che si recita, pressoché identica, da più di trent'anni.

Nelle stanze attigue, invece, ecco stridente, disordinata, la vita. O, meglio, alcune tracce di chi qui c'è stato di recente, trovando ristoro fra queste mura. Una scarpa, indumenti, qualche divano disfatto, un mobile credenza con due cassetti ancora aperti. Vuoti. Sul pavimento c'è anche un libro con un segnalibro nel mezzo che ha come argomento Avellino e l'Irpinia.

Mentre ci dirigiamo verso l'uscita abbiamo la possibilità di vedere un frigo aperto, con un piatto all'interno, di fianco all'ingresso dell'ex cucina dove c'è un tavolo e sul pavimento delle doghe e un materasso tarlato, dal quale fuoriescono delle molle. Un topo attira la nostra attenzione e scappa via.

Quando torniamo alla luce il nostro accompagnatore è li ad aspettarci. Incuriosito ci chiede cosa abbiamo trovato, accogliendo con il sorriso amaro di chi già conosce tante cose, la nostra risposta. Ci spiega che quello della scuola è solo uno dei tanti edifici della zona compresa fra la stazione ferroviaria e Pianodardine abbandonato al degrado e all'incuria delle amministrazioni. Il nostro uomo, in passato, ha provato a rilevare in prima persona proprio l'edificio nel quale siamo appena entrati trovando il secco no delle istituzioni. Sulla struttura graverebbe, a suo dire, il vincolo di destinazione d'uso, imposto dai proprietari che lo donarono al comune. L'ex scuola elementare non può essere utilizzata per nessun altro fine che non sia quello formativo o ludico, destinato comunque all'infanzia.

Ad oggi, come diceva non a torto il nostro accompagnatore, rappresenta l'ennesimo emblema della non città che vive nelle nostre periferie. Quel ritaglio urbano, spesso dimenticato da chi abita il centro cittadino e da chi occupa lo scranno più alto del comune e che nelle periferie, in tempi non sospetti, trova la maggioranza del proprio bacino di consenso per poi tradire, puntualmente, le promesse fatte.

E così gli anni passano, i ragazzi crescono e vanno via, c'è l'Isochimica, la stazione dismessa, i tanti edifici abbandonati all'incuria e alla mano della criminalità organizzata. Chi trova il coraggio di alzarsi ogni giorno, i pochi rimasti, raramente giovani, devono fare i conti con la mancanza dei mezzi di trasporto, con il coprifuoco delle ore notturne, senza dimenticare i rischi biologici legati alla fabbrica degli orrori. I non luoghi non sono fatti per essere abitati, solo subiti.

Oggi non abbiamo fatto altro che ricordarlo.

Andrea Fantucchio