«Al Teatro d'Europa laboratorio dei lavoratori»

Con il Fismic nel ricordo di Don Ferdinando Renzulli

Avellino.  

Il Teatro d’Europa e la Fismic insieme per i lavoratori nel ricordo di Don Ferdinando Renzulli. Una collaborazione tra mondo del lavoro e cultura dal titolo “Lavoro che spettacolo”, un’iniziativa che nasce da un’idea lanciata dal direttore del teatro d’Europa Luigi Frasca e subito condivisa dall’organizzazione sindacale. «Creare un rapporto diretto tra mondo del teatro e il mondo del lavoro – spiega Frasca - che si esprime concretamente innanzitutto con la possibilità di usufruire di una convenzione sugli spettacoli di nostra produzione e quindi con sconti particolari, poi soprattutto con l’idea di creare un laboratorio permanente per i lavoratori attraverso cui possono creare, anche all’interno delle aziende, quella capacità creativa ed artistica che spesso manca sui luoghi di lavoro». «Andremo a coinvolgere i lavoratori soprattutto delle grandi fabbriche - spiega Giuseppe Zaolino, segretario della Fismic Avellino - penso per esempio alla Fma e alla Denso che potranno avere anche loro uno spazio e un approccio diverso, perché per chi ha sofferto per tanti anni e ha lottato per la sopravvivenza, assaporare la normalità può essere un fatto importante, anche con una serata a teatro». Ecco allora che inizia a prendere corpo il sogno di Don Ferdinando Renzulli, fondatore del Teatro d’Europa, quello di avvicinare il territorio, il mondo del lavoro all’arte e al teatro. «È stato un prete molto vicino al mondo del lavoro – continua Zaolino – ed ha sempre immaginato che anche attraverso l’arte, la cultura e il teatro i lavoratori potessero avere uno spazio per vedere al loro interno le questioni che riguardano la fede». «Mi diceva sempre – confessa Frasca - nei momenti di difficoltà e di crisi che pure il teatro ha vissuto, che il tempo degli uomini è diverso dal tempo di Dio, nel senso che ci vuole tempo per far comprendere determinate cose. Credo che adesso stia arrivando il momento, ricordando la lucidità che contraddistingueva Don Ferdinando, che quelle cose che lui sognava finalmente intravedono la luce».