Città del sesso o moschea: quei progetti per il Mercatone

Due idee strambe di qualche anno fa. Ora l'orrenda creatura è sparita dal dibattito avellinese.

Come se non esistesse. Eppure è lì, a pochi metri dalla spianata bianca di Piazza Libertà. E ha una sola funzione: ospitare disperati senza un tetto.

Avellino.  

 

di Luciano Trapanese

Il Mercatone? Una valanga di cemento informe dimenticata nel centro città. Non se ne parla più. Non entra in nessun dibattito. Sparito, cancellato. Un errore della storia. Un altro, forse il più clamoroso. A due passi dalla spianata bianca di piazza Libertà e del buco senza uscita del tunnel. Eppure su quell'orrenda creatura si sono alternate per anni le proposte più disparate, segnale evidente che si trattava di una questione da risolvere, un nodo da affrontare, una vergogna da cancellare.

A cavallo tra i due millenni molti di voi ricorderanno le proposte, arrivate un anno dopo l'altro, formulate dall'allora consigliere comunale Pasquale Anzalone. Sollevarono un vespaio di polemiche, conquistando rilievo nazionale. Erano, come minimo, azzardate. Ma ve le riproponiamo, anche perché quel disperato tentativo di dare un senso alla mega struttura si scontra con il silenzio tombale di oggi.

Proposta numero uno. E' quella che provocò l'ira della Chiesa irpina, le discussioni più animate. E che qualche anima bella considerò con un “perché no?”: ospitare nel Mercatone una cittadella del sesso. E quindi, locali a tema, sexy shop, cinema a luci rosse, bar con cameriere in topless e così via. Niente prostituzione, naturalmente. Ma un centro attrattivo a livello non solo regionale per tutti gli amanti del genere.

C'erano gli investitori, e c'era anche un progetto. Idea strampalata, direte. Certo. Avrebbe dato ad Avellino uno connotazione precisa, non esattamente da “città giardino”, ma che comunque consentiva al capoluogo di diventare – almeno in quel settore – un riferimento, attraendo potenziali visitatori da tutto il sud, e non solo.

Proposta numero due. Beh, bisogna considerare che è stata formulata prima dell'attentato alle torri gemelle, e quindi in un'epoca estremamente diversa. Anche in questo caso gli investitori c'erano (arabi): l'idea era quella di trasformare il mercatone in una mega moschea, un centro di cultura islamica e anche in un mercato dove si sarebbero venduti prodotti – anche alimentari – per la già numerosa comunità islamica campana.

Con tutto quello che è accaduto dopo (Al qaeda, Isis), questa idea avrebbe avuto risvolti sicuramente più problematici rispetto alla in fondo innocua cittadella del sesso (una piccola Amsterdam nel cuore degli Appennini).

Inutile dire che le due proposte non sono state prese in considerazione.

Se ne riparliamo oggi è per ribadire come per anni quella struttura è stata al centro del dibattito politico-culturale cittadino, al punto di arrivare anche a proposte di questo genere (ma avrebbe dovuto ospitare anche uffici, l'Asl, il tribunale...). Adesso nulla più. Si parla dell'Eliseo, della Dogana, ma nessuno avanza uno straccio di proposta o solleva almeno la discussione: cosa fare di questo mostro di cemento? E' lì, in lento e inesorabile disfacimento. Serve a qualche disperato senza casa e senza soldi (almeno ha una funzione). Ma non si è formato nessun comitato “cosafacciamodelmercatone”.

Forse se n'è parlato troppo negli anni scorsi. O forse non ha l'appeal culturale della Dogana. O semplicemente è un cancro nel cuore della città che deve essere solo estirpato.

In realtà si preferisce dimenticarlo. E' lì resterà a lungo (per sempre?). Non è mai servito a nulla. E mai servirà a qualcosa. Costa troppo abbatterlo, costa troppo ristrutturarlo, costa troppo gestirlo. Così rimane dov'è. A marcire, nel centro del centro. E per questo non è possibile che rimpiangere quei tempi, quando un consigliere comunale, pur di dare una risposta alla città, proponeva di trasformarlo in una cittadella a luci rosse. O in una moschea.

 

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