Saviano tragico: il Sud è morto. Ha torto marcio, ecco perchè

L'autore di Gomorra continua a ritenere che la Campania sia tutta come Caserta.

Ma ignora le differenze con le altre province e la stessa Napoli. Un errore di base che gli impone di intonare a giorni alterni lo stesso banale de profundis. Fate gli scongiuri.

Avellino.  

 

di Luciano Trapanese

E' insopportabile continuare a sentire il tetro de profundis cantato da quel profeta di sventura che è diventato Roberto Saviano: il Sud è morto. Per ogni omicidio o indagine sull'infiltrazione della malavita organizzata nella politica o nelle imprese, l'autore di Gomorra intona la stessa nenia. Con immutabile pessimismo. Una lamentazione continua che evidentemente dona più pathos ai suoi articoli, ma che non risponde a una lettura reale della questione camorra & politica nel Mezzogiorno. Parte da un assunto sballato: che la camorra sia ovunque e ovunque la stessa. A Napoli come ad Avellino, a Caserta come a Benevento, a Salerno come a Nola. E che abbia il pieno controllo di tutto il territorio, quasi una occupazione militare. E così non si può fare politica in Campania senza subire l'attenzione della criminalità organizzata. E allo stesso modo non si può fare impresa. Semplificando in questo modo è facile concludere che il Sud è morto. Ma è davvero così? Non ci sembra proprio.

Avellino, Benevento e parte del Salernitano non possono essere paragonati a Napoli o Caserta. Nessun territorio è immune da possibili infiltrazioni, ma è davvero difficile affermare che l'intera Irpinia, il Sannio e buona parte del Salernitano siano governati dalla camorra. O che la camorra abbia radici così solide da manovrare inevitabilmente le scelte degli amministratori o di qualsiasi imprenditore. Una semplificazione a dir poco banale.

In un pregevole articolo pubblicato su “Il Mattino”, Isaia Sales individua già una netta distinzione tra la camorra casertana e quella napoletana. «I camorristi casertani hanno usato la violenza per inserirsi dentro le istituzioni politiche e amministrative e per mischiarsi con la societa? delle “persone perbene”; la loro violenza e?, dunque, violenza di integrazione, per stare dentro i partiti e le istituzioni e nel resto della societa?, non fuori». Per le bande della camorra napoletana al contrario «gli affari possono continuare senza una relazione stabile con il mondo politico; a loro basta che ci sia tolleranza degli organi dello Stato per le attivita? illegali di strada. Insomma, mentre i primi sono piu? propensi ad occupare spazi nell’economia legale, i secondi continuano ad essere imprenditori di illegalita?».

Che è un distinguo già importante. Al punto che le infiltrazioni – anche ad alto livello – in Terra di Lavoro sono una costante (Cosentino docet), mentre a Napoli la questione appare molto diversa. Ad Avellino, Benevento e Salerno lo è ancora di più.

Ma nel dettaglio: a Salerno si possono definire terre ad alta incidenza camorristica l'Agro Nocerino Sarnese (che confina con il Napoletano e persiste una criminalità più simile a quella casertana), alcune piccole fasce di territorio della Piana del Sele (altrove hanno solo interessi economici). In Irpinia le zone storiche di camorra sono il Vallo di Lauro, il Baianese e la Valle Caudina. Nel capoluogo a cavallo del millennio era nato il clan Partenio, debellato dopo solo due anni di attività investigativa. A Benevento, proprio come in Irpinia, l'unica area dove è riscontrabile la presenza di clan è la Valle Caudina. Sia ad Avellino che a Benevento si registra l'attività di gruppi criminali che non hanno le caratteristiche delle cosche camorristiche, pur gestendo – in molti casi – il business dell'usura e a volte della droga. Ma davvero non si può affermare con leggerezza che le attività imprenditoriali o quelle amministrative siano sotto scacco della malavita organizzata. Come avviene invece – e da anni – nel Casertano.

E' un quadro dunque molto composito, per nulla omogeneo. Affermare il contrario significa semplificare fino alla banalizzazione.

C'è anche un'altra grande differenza. In tanti quartieri di Napoli, o in molte zone del Casertano, il “sistema” camorra ha davvero sostituito lo Stato (dà lavoro e punti di riferimento). E' lì, nelle scuola di quei territori, che magari molti ragazzini alla domanda, «cosa vuoi fare da grande?», rispondono il boss. Provate a chiederlo a un bambino di Calitri, San Giorgio del Sannio o Vietri sul Mare. La risposta sarà evidentemente del tutto diversa.

Fare di tutta l'erba un fascio per dire che il Sud è morto è davvero un esercizio di stile che non porta nulla al dibattito sul Mezzogiorno. Sposta anzi l'attenzione da un punto vero (e dolente), che è quello di una classe dirigente che non riesce a rinnovarsi. Negli uomini e nei metodi. E dove – anche laddove non è più possibile promettere niente – utilizza ancora le clientele per imporsi.

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