«Invitata a non insegnare per il mio viso. Andrò in tribunale»

Parla Maria Erminia Maglio, docente irpina. La sua storia, la discriminazione, il caso.

«Quando uel preside mi ha visto una volta arrivata per decidere se accettare o meno l'incarico mi ha invitata a rinunciare - racconta -. Il dirigente ha voluto che mi sottoponessi a visita dal medico competente»

Avellino.  

«È una questione di tutela della persona e rispetto dei diritti. Mi sono sentita discriminata. Offesa e umiliata, non tanto come donna, ma come docente, come professionista. L'identità culturale di una persona non può essere valutata dal suo aspetto», dice Maria Erminia Maglio, scostandosi con grazia dagli occhi una ciocca di capelli. Ci sono due interrogazioni parlamentari, degli onorevoli D'Agostino e Giordano, e un fascicolo con la sua storia sulla scrivania del ministro Giannini. Suo padre, anche egli docente nella sua stessa disciplina annuncia forme di protesta clamorose perchè i diritti di sua figlia siano rispettati e le sue domande trovino risposte.

Quella di Maria Erminia Maglio è la triste storia di una scuola che discrimina e non accoglie. La ragazza avellinese non può insegnare perché un dirigente scolastico bresciano considera il suo aspetto fisico diseducativo. Maria ha una Laurea magistrale in produzione animale (110 e lode), più il dottorato triennale con abilitazione alla libera professione di agronomo ed abilitazione all'insegnamento. A settembre 2015 viene nominata supplente di esercitazione agraria presso l'istituto di Brescia. Maria però ha una ptosi palpebrale e semiparesi dei muscoli facciali. Questo non gli ha impedito di completare brillantemente il suo percorso di studi e conseguire l'abilitazione all'insegnamento. Ma la sua odissea inizia da Brescia, quando il dirigente scolastico la invita a rinunciare.

Lei ha gia insegnato. «Ho sostenuto da commissario esterno gli esami di maturità a Margherita di Savoia - spiega -. Non ho avuto alcun problema se non quello che mi scambiavano per un'alunna anzichè una docente per la mia età».

La sua vita nonostante i disagi collegati alla malattia è andata avanti serene. I suoi ultimi mesi di vita e di percorso professionale, però, sembrano essere stati un processo alla malattia. 

«Quando uel preside mi ha visto una volta arrivata per decidere se accettare o meno l'incarico mi ha invitata a rinunciare - racconta -. Il dirigente ha voluto che mi sottoponessi a visita dal medico competente, mi imposto una limitazione nella mia attività di docente. Poi la decisione che non dovessi frequentare stalle e laboratori.  Cosa penso? Si tratta di discriminazione. Ma la mia storia non finisce. Purtroppo l'ho rincontrato in un passaggio cruciale del concorso a cattedra». 

Ma il destino a volte è davvero strano. Quando Maglio concorre per diventare docente italiana rincontra lo stesso preside, i un ruolo apicale per la sua valutazione. Allerta i sindacati della sua situazione prima ancora del resoconto. Pochi giorni dopo e valutazioni in tempi record, secondo quanto riferisce, viene a sapere del responso della sua prova: una sonora bocciatura.

«Chi era il presidente della commissione? Proprio il preside che mi consigliava, per via della mia faccia un po’ così, di lasciare l’istituto».

Ma c'è un altro elemento sul quale Maglio e suo padre chiedono, invocano chiarezza: In quella commissione tutti i docenti erano della scuola bresciana e il presidente era il loro stesso dirigente. 

«Le mie richieste sono chiare: voglio ripetere le prove del concorso. Chiedo che siano vagliati i certificati e i risultati dei test clinici svolti nelle Asl che certificano la mia idoneità all'insegnamento. La mia esperienza può, rischia di essere quella di tanti. A chiunque può trovarsi in una situazione simile alla mia dico: andate avanti. Non mollate. I diritti di tutti vanno rispettati».

Simonetta Ieppariello