Mestre, luna di miele tragica: sposa morta. "Come Acqualonga, sdegno e dolore"

I familiari dei 40 morti dieci anni fa nella strage di Acqualonga

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Monteforte Irpino.  

La storia dei neo sposi croati Marko Bakovic, 25 anni, e Antonela Perkovic, erano convolati a nozze l'11 settembre. Per la luna di miele i due erano partiti in auto alla volta dell'Italia. Un primo giro a Venezia, poi Roma, Firenze, Bologna e la risalita nella città lagunare. Come le altre vittime, anche loro alloggiavano al camping Hu di Marghera. Marko è ricoverato in terapia intensiva all'ospedale di Mirano. È sedato, in gravi condizioni, ma non sarebbe in pericolo di vita. E non sa ancora che sua moglie non c'è più. 21 le vittime accertate nella strage stradale di Mestre, che ricorda quanto avvenuto dieci anni prima in Irpinia, sull'A16, nel territorio di Monteforte Irpino. Mestre come Acqualonga, in un tragico ripertersi di morte, croci e dolore.

"Sono tornato indietro di dieci anni, assalito dallo sdegno e dal dolore per la morte di tanti altri innocenti". La tragedia di Mestre riapre vecchie ferite a Giuseppe Bruno, che il 28 luglio 2013 perse entrambi i genitori, il papà di 60 anni e la madre di 56, nel bus precipitato dal Viadotto della Napoli-Canosa "Acqualonga", a Monteforte Irpino, in provincia di Avellino. In tutto ci furono 40 morti: la più grave tragedia autostradale italiana. Anche in quel caso il bus, impazzito per aver perso i freni, non venne fermato dalla barriera protettiva. Bruno, infermiere 47enne, è uno dei promotori e presidente dell'Associazione Vittime A16. Ieri sera era al lavoro quando ha appreso la notizia e oggi, dopo aver visto e rivisto le immagini, non sembra avere dubbi: "Si vede chiaramente quanto siano insufficienti le protezioni. Quelle barriere non avrebbero trattenuto neanche un'auto, figurarsi un autobus pesante come quelli elettrici. Quello di Mestre si è rivelato un tragico belvedere, non un cavalcavia adeguatamente protetto".

L'Associazione Vittime A16 è stata ammessa come parte civile nel processo di primo grado svoltosi ad Avellino, ma non in quello in Corte d'Appello a Napoli, che di recente ha ribaltato il verdetto assolutorio di primo grado, infliggendo una serie di condanne. La tesi dei familiari è che debbano essere riconosciute anche, e soprattutto, le responsabilità di chi ha il compito di prevenire simili tragedie. "Quando si ripetono, dal Ponte Morandi a Mestre, passando per Acqualonga - insiste Giuseppe Bruno- la catena delle responsabilità non può fermarsi a pochi addetti, ma deve coinvolgere sempre e comunque i vertici che guidano le società: sono pagati ed anche molto per prevenire, non per studiare soluzioni dopo le avvenute stragi di persone innocenti". Bruno si augura che la Procura di Venezia segua l'esempio dell'allora procuratore capo di Avellino, Rosario Cantelmo che, dopo la tragedia avviò una indagine su scala nazionale che impose interventi di manutenzione e sicurezza su tutti i viadotti dell'intera rete gestita da Autostrade per l'Italia. "Dobbiamo essere grati ad un magistrato come Cantelmo per la appassionata ricerca della giustizia e delle responsabilità che ha messo nel suo lavoro. Per noi che abbiamo perso genitori, figli, amici, ha rappresentato la consolazione di non sentirci soli e del tutto abbandonati dallo Stato. Spero che questo avvenga anche per le povere vittime di Mestre".