Chi si nasconde nei campi abbandonati di Mercogliano?

L'area di sera si popolerebbe di senzatetto. L'ira dei residenti

La struttura, un tempo centro di aggregazione per giovani e meno giovani, giace abbandonata

Mercogliano.  

Dove prima c'era la vita, ora regna il silenzio e l'abbandono. Almeno fino a che viene sera: i residenti ci spiegano infatti che, di notte, l'area del complesso sportivo che si trova in fondo al discesone di via Stanislao Sibilia, a Mercogliano, si popola di presenze e strani rumori. C'è chi dice di aver visto qualcuno entrare e non stentiamo a crederci: al nostro arrivo il pesante portone arrugginito cigolante è già aperto. Di fronte a noi la carcassa di un'auto distrutta alla quale sono state tolte le ruote. Procedendo una catasta di detriti sulla quale sono visibili disegni colorati.

Sulle mura frontali dell'edificio centrale, ex cuore pulsante del centro sportivo, capeggia un graffito: "Bronx". Dentro un fetore penetrante di chiuso e feci sul pavimento. A terra un tappeto di polvere e intonaco spesso alcuni centimetri. Lo stato peggiore è quello in cui sono confinati gli spogliatoi: lavandini e tazze divelte, mattonelle sollevate, due tubature che spuntano dal basso, calcinacci sul pavimento. La situazione non cambia nei due vani attigui che anticipano lo spettacolo che ci attende al di là del grande portone grigio spalancato di fronte.

Lo attraversiamo: il campo di bocce non può fare a meno di colpirci. Gli spalti vuoti fanno da spettatori a un vuoto incolmabile. Sembra quasi di udire il vociare dei vecchietti che qui si riunivano, sfidandosi a colpi d'abilità e "jasteme", mentre ora c'è solo silenzio. Un fantasma di silenzio che aleggia in tutto lo stabile.

Tornati indietro, procedendo nel grande vano sulla destra,  le prime tracce di vita: una scarpa sul pavimento, cataste di cartoni di pizza, qualche bottiglia gettata alla rinfusa. C'è anche un materraso con le molle che fuoriescono Nella sala infondo: letto matrimoniale aperto, con frammenti di vetro caduti dalla finestra in alto sparsi sul lenzuolo sdrucito appallottolato. Di fianco, una bottiglia di plastica semivuota. Sul tavolo di legno sulla sinistra è presente un pacco di sale aperto e due bicchierini di plastica con cicche di sigarette all'interno di una pozzetta d'acqua sporca.

Mentre usciamo, utilizzando un largo corridoio, possiamo osservare residui dell'altra vita della struttura: pezzi di panche che un tempo si trovano negli spogliatoi,  armedietti di metallo con le ante divelte, porte sradicate dai cardini gettate sul pavimento. Ci colpisce una sedia, un po' diversa dalle altre, si trova di fianco a una finestra, e sopra vi è appoggiato un cuscino. Da lì è visibile la strada che conduce ai complessi dei campi funzionanti, quelli che si trovano a metà di via Stanislao Sibilia. Quelli che oggi pullulano di ragazzi che giocano a calcetto o a tennis. Mentre qui, ormai, è rimasto solo il silenzio. Un pezzo di città che muore, abbandonato a sé stesso. Un pezzo di città negato alla comunità e regalato al degrado. Un potenziale pericolo per i più piccoli che giocano poco distante. Proprio pensando al loro, quel portone va chiuso. Possibilmente alla svelta.

Andrea Fantucchio