Quei giovani nati già vecchi

Tempi Moderni

Non è solo il dato anagrafico a garantire il ricambio generazionale. Il vero cambiamento consiste nella selezioni di uomini (e donne) indipendenti, sganciati da vecchie e consolidate logiche di potere

Avellino.  

In Italia si procede spesso per mode e stereotipi, inseguendo slogan ossessivi e buonismo di facciata. Si individua una parola magica o evocativa, tipo donne o giovani, che nasconde, almeno nelle intenzioni, un concetto nobile e la si ripropone in tutte le salse sino allo sfinimento. “Ci vuole una donna al Quirinale”, “facciamo spazio ai giovani”, “il candidato ideale per la Presidenza della Repubblica? Donna e giovane”.
La fiera delle insulsaggini non conosce alcun limite, non si arrende nemmeno di fronte all’evidenza. Prendiamo a esempio la discussione infinita sui giovani che si trascina fiaccamente da anni in assenza di un intervento serio e risolutore. Da quello che si ascolta sembra che il puro dato anagrafico garantisca il necessario ricambio generazionale, il rinnovo delle istituzioni, la qualità delle decisioni, la soluzione prodigiosa contro il declino. Nulla di più falso o fuorviante. Il vero cambiamento consiste nella selezioni di uomini (e donne) indipendenti, sganciati da vecchie e consolidate logiche di potere. Poco importa la data di nascita, quello che realmente conta è la competenza e l’autonomia, il resto sono chiacchiere da impostori, buone soltanto a costruire un editoriale o un talk show per radical chic digitalizzati.

Un “giovane”, legato agli schemi del passato calati dall’alto e sostenuti dalle intoccabili congreghe a cui appartiene e da cui è sponsorizzato, produce oltre l’inevitabile danno anche la successiva beffa. E l’Italia sembra proprio il luogo ideale per i “ragazzi nati vecchi”, quello in cui ritrovano il loro habitat naturale, dove riescono ad affermarsi senza difficoltà o affanni. Se esistesse un partito o un’associazione a rappresentarli, la presidenza sarebbe conferita all’unanimità al ministro Alfano che, più volte, ha dato prova di essere un membro della categoria. Ultimamente, però, i rivali, maschi o femmine che siano, abbondano. Uno in particolare si è imposto prepotentemente alle cronache nonostante il suo atteggiamento generalmente remissivo: è il Guardasigilli, Andrea Orlando. Sia Alfano che Orlando avrebbero sicuramente ispirato la penna pungente dello scrittore argentino, Roberto Arlt. «Ragazzi di buona famiglia. Ragazzi che dal liceo vanno all’università, e dall’università allo studio, e dallo studio ai tribunali, e dai tribunali a una casa fredda con una moglie onesta..».

Fino al parlamento e alle cariche ministeriali. Persone che sin dalla nascita compiono una sequela di gesti scontati, senza mai un guizzo o una battuta fuori dal copione, pronti sempre ad adeguarsi conformisticamente a tutto ciò che non turbi il loro sistema di vita o la scala di valori che si sono imposti di rispettare scrupolosamente. Simili al compagno di banco, troppo inflessibile già alle scuole elementari, che fa la spia alla maestra o al vigliacco compagno di liceo dalle mascelle rigide e il naso appuntito che si presenta in classe anche quando tutti decidono di concedersi una giornata al parco o al mare anziché tra i banchi e i libri di testo. «Perché saranno nati questi uomini seri? Si può sapere? Perché saranno nati questi minorenni pesanti, questi studenti severi? Mistero. Mistero». Non è un mistero, invece, che le parole hanno un loro peso e andrebbero calibrate con una certa ponderazione onde evitare di ricevere clamorose smentite o esporsi al pubblico ludibrio.

Evidentemente, come già successo al suo collega Alfano, che peraltro l’ha preceduto al ministero di via Arenula, il ministro Orlando ha deciso di correre il rischio. Parlando della difficile congiuntura che sta attraversando l’avvocatura italiana, in particolare quella costituita dalle giovani generazioni di legali sprovvisti di padri putativi, il Guardasigilli non ha avuto timore di sfidare la lampante oggettività dei fatti. «Indirettamente una mano ai giovani l'abbiamo già data con l'introduzione del processo civile telematico, perché i più giovani, in qualche modo, hanno visto rafforzare la loro posizione rispetto alle generazioni precedenti grazie ad una maggiore dimestichezza con le tecnologie informatiche. Quindi, in qualche modo, alcune gerarchie si sono rimesse in discussione».

Premesso che il processo telematico a pagamento e all’italiana è eufemisticamente ancora in fase di sperimentazione nonostante la sua vigente obbligatorietà, procede a singhiozzo come i treni della Circumvesuviana tra soste forzate e faticose ripartenze, quest’affermazione del ministro andrebbe catalogata tra le favolette per adulti. Mai come in questo momento, lo stato di sofferenza dei giovani legali ha raggiunto livelli insopportabili a causa della flessione dei ricavi e l’aumento indiscriminato dei costi, oltre che per l’imposizione di regole assurde, come quelle che riguardano il pagamento di salatissimi oneri previdenziali sganciati peraltro da parametri reddituali e quindi dovuti a prescindere.

Orlando, tuttavia, va avanti per la sua strada, imperterrito, recita formule vuote, dimostrando quanto meno di non aver individuato la vera problematica, cioè la necessità di ribaltare gli schemi, sburocratizzare la professioni legali, rovesciare le vecchie logiche di potere, aprire il mercato e imporre un sistema di regole eque o almeno digeribili. L’attuale ministro della Giustizia, come i suoi predecessori, non si discosta dal noioso spartito che è stato sempre suonato. Non si vogliono disturbare manovratori e corporazioni anche a costo di sacrificare sull’altare della più bassa realpolitik le legittime aspirazioni delle giovani generazioni. Allora, il problema non è l’età ma la mentalità.

In Italia, è il modo di ragionare che è vecchio, superato, marginalizzato dall’evoluzione che c’è stata altrove dove non si seleziona in base all’appartenenza o alle segnalazioni. Si è passati repentinamente dai fossili della politica ai loro figliocci dalla faccia pulita e dall’abbigliamento inappuntabile. E’ cambiata la forma, dal ciclostilato si è arrivati fino a twitter, i tablet hanno sostituito la ceralacca, ma la sostanza è rimasta immutata, inviolabile, gelosamente protetta dai devoti custodi di Stato, i fedeli guardiani dello status quo.

Ci si è opposti strenuamente al cambio della guardia, alla sostituzione dei vecchi centri di potere, alla definitiva modernizzazione del Paese. S’è preferito conservare il passato, sbarrando le porte al futuro. I giovani nati vecchi stanno solo blindando quello che i loro padri, o i loro nonni, avevano già messo in cassaforte. Stanno semplicemente completando il lavoro che già aveva iniziato qualcun altro al loro posto tanti anni fa. Quando erano già vecchi ma non erano ancora stati concepiti.

Gianluca Spera