Mirabella, la fotografia per dare energia al paese

Viaggio confronto dell’artista napoletano Cappiello

Mirabella Eclano.  

 

 

Il fotografo napoletano dei “non luoghi”, Francesco Cappiello, sceglie il centro storico di Mirabella per esporre la sua arte. E non a caso. Lungo il decumano, sempre più spento, si accende quasi in solitaria la luce della galleria di Federico Iadarola e Annibale Sepe creata per dar vitalità al cuore sofferente del piccolo comune. E la “prima” è affidata alla mostra fotografica di Cappiello “Il resto sono nuvole”, a cura di Giusi Coppola, nella quale si raffigura una Napoli inconsueta dove l’artista rivolge lo sguardo ai particolari, al rapporto dei napoletani con la metropoli e con la religione. Uno sguardo ironico, dissacrante, che rende la stessa Napoli un “non luogo”, non facilmente riconoscibile, nel quale “la vita rimane ai margini”. Il suo lavoro viene definito di un genere tra il reportage e la fotografia americana degli anni 70, nei dieci scatti in mostra “l’architetto procacciatore di fotografie” – come si definisce Cappiello – inserisce un racconto singolo, nota l’aspetto da immortalare e lo isola. E così ha fotografato la Galleria Umberto I con un ufficio chiuso e l’immagine al volo di una donna affranta. «Per me è questione di un brivido, non di strumento, anzi vado in giro con una Leica, per essere il più anonimo possibile non volendo violare la quotidianità delle persone che scelgo di ritrarre». Francesco Cappiello, originario di Bisaccia, durante l’evento di chiusura della mostra anticipa un lavoro che vedrà protagonista l’Irpinia con alcuni posti abbandonati. Con la collaborazione di Iadarola e Sepe, a settembre partirà un progetto che si pone fra gli obiettivi la costruzione di una rete di appassionati di fotografia che vorranno confrontarsi nell’immortalare luoghi e soggetti. Il quartier generale sarà proprio la galleria di via Eclano: «Aver scelto l’antica arteria del paese – racconta Federico Iadarola – è un gesto politico. Ci ritroviamo nel centro storico a parlare di fotografia che è tra le arti la più democratica. Ci distacchiamo dai luoghi di grossa commercializzazione di povertà, trovando l’humus nella storia dei vicoli dove è assurdo che non ci sia l’occhio di chi è preposto a tutelare. Ma noi non ci tireremo indietro e saremo in prima linea. C’è bisogno di presenza fisica e dopo Francesco Cappiello siamo intenzionati a programmare una serie d’incontri con amici e fotografi senza dimenticare di divertirci perché anche questo oggi è un atto rivoluzionario».

Redazione