Quanti guasti dalla politica del "dacci oggi il nostro pane quotidiano"

Quando separi il talento dalla cosa pubblica e ti affidi ai dilettanti della "oggicrazia"

quanti guasti dalla politica del dacci oggi il nostro pane quotidiano
Avellino.  

di Luigi Mainolfi

Nel 1972, Pasquale Saraceno affermava: “Il divario tra Nord e Sud  verrà colmato solo nel 2020” . Il giovane ricercatore Gerardo Cioffi, ci fa sapere che il problema delle carni industriali è nato dalla considerazione che  nel 2050, sulla terra ci saranno 9,8 miliardi di persone, che diventeranno 11,2 miliardi nel 2100. Ciò farà crescere l’esigenza  di carne del 78% nel 2050. La carne coltivata potrebbe essere la soluzione.

Due concetti, che dimostrano l’importanza di proiettarsi nel futuro per capire cosa fare. Nel corso dei secoli, i comportamenti  degli Stati venivano influenzati delle valutazioni  sulle prospettive future. Da quando la dinamicità economica  è aumentata, grazie  alla ricerca scientifica e alla tecnologia, l’esigenza della presbiopia politica è aumentata.  Perciò, la  politica del “dacci oggi il nostro pane quotidiano” è deleteria.

Queste osservazioni mi hanno spinto a soffermarmi  sulle caratteristiche della politica italiana attuale. Secondo me, i Partiti dovrebbero avere un DNA, dal quale far derivare proposte e comportamenti. I DNA delle forze politiche della Prima Repubblica contenevano ideali, valori sociali e conoscenze utili a capire i fenomeni, che influenzavano l’evoluzione della società. Le differenze tra i Partiti derivavano dalla diversa combinazione di questi elementi.  Purtroppo, ad un certo punto, i nobili valori furono sostituiti dal moralismo, dal populismo e dal giustizialismo con il  risultato che conosciamo.

Molti sociologi sostengono che, attualmente, il comportamento della classe politica sia influenzata dall’ “oggicrazia”, dal presentismo, dalla “ierocrazia”, dal dilettantismo e dal divorzio tra cultura e politica. I poteri economici, padroni dell’informazione e della tecnologia, manovrano i politici come robot. Le negatività aumentano a livello periferico.

Nella nostra Provincia non c’è  una proposta che faccia intravedere un’inversione della tendenza socio-economica in atto. La popolazione diminuisce per la fuga di giovani verso il Nord e l’estero, il patrimonio urbanistico si va deprezzando e i terreni non coltivati aumentano. Quando si intravedeva la possibilità di avere industrie, grazie alla Cassa per il Mezzogiorno e ai fondi del dopo terremoto ’80, si  capiva la trasformazione di terreni agricoli in  Zone industriali, in PIP e in Zone ASI. La scomparsa di molte Imprese, nate con i soldi del terremoto, il trasferimento  di molti operatori irpini nei paesi dell’Est e la riduzione dell’economia reale hanno fatto si che altri terreni  venissero abbandonati. Il prevedibile aumento della popolazione mondiale farà aumentare l’esigenza di derrate alimentari e crescere le economie dei Paesi produttori. Perciò, lasciare incolto il 60% del territorio è un comportamento suicida.

Sul territorio ci sono associazioni di agricoltori, che organizzano solo “passeggiate con bandiere”. Inoltre, c’è un’esplosione di convegni  sui problemi del Mezzogiorno e delle Zone interne, nei quali si sentono solo stupide invocazioni dorsiane. L’ultima manifestazione dorsiana, alla Casina del Principe è stata una conferma  della “iericrazia”, che è più dannosa della miopia. Nel mentre, mi auguro che nasca  qualcosa di positivo, mi permetto di consigliare agli amministratori delle Comunità Montane e dell’Amministrazione Provinciale di prendere in fitto i terreni incolti di loro competenza ed assegnarli  gratuitamente a cooperative di giovani per coltivarli.

Gli Enti citati dovrebbero sopportare le spese per la costituzione delle Cooperative e mettere a disposizione tecnici per programmare e avviare  le attività. Negli anni ’80, concretizzai questa idea. Fu un successo, che, purtroppo, fu demolito dai miei successori, alla Presidenza della Comunità Montana Partenio. 

Speriamo bene.