Un sindaco in silenzio è un bersaglio. Foti l'ha capito tardi

Il sindaco parla, finalmente. Per anni si è chiuso nel palazzo, come sotto assedio.

Ma la mancanza di comunicazione ne ha pregiudicato l'azione amministrativa e il rapporto con gli avellinesi. Forse contava nel partito. Ma il partito è morto.

Avellino.  

 

di Luciano Trapanese

Finalmente sindaco Foti. Era ora. Anche se – probabilmente – è troppo tardi. Se n'è accorto solo quando il suo mandato è al tramonto quanto sia importante la comunicazione. Quanto sia indispensabile raccontare alla città, ai suoi elettori, e anche ai suoi detrattori, la logica di scelte amministrative. Informare i cittadini sulle sue decisioni, sui ritardi, sulle esigenze di Avellino, sull'importanza di essere comunità.

L'intervista rilasciata a OttoChannel nei giorni scorsi avrebbe dovuto essere un esercizio continuo e non un episodio estemporaneo, quasi casuale. Non per la stampa, figuriamoci. Ma per aprire un canale di comunicazione costante e continuo con chi amministra.

Per anni il sindaco si è arroccato nel palazzo. Ha vissuto con evidente disagio le interviste. Si è trincerato dietro una naturale timidezza. Una idiosincrasia innata per microfoni e taccuini. Sbagliando.

La comunicazione è determinante. E' un pre requisito per chi vuole ricoprire incarichi istituzionali. Oggi più di prima. Anche perché non ci sono più i partiti a fare da filtro. Il sindaco è solo (e Foti se ne sarà accorto...). Solo di fronte alla città, ai suoi impegni, ai suoi obblighi, alle sue scelte.

Lo ha capito De Magistris, che ogni giorno offre la sua personale narrazione di Napoli ai napoletani. Non convince tutti? Possibile, anzi certo. Ma nessuno può dire, «non sappiamo cosa sta facendo questa amministrazione».

Lo fa bene – e non è certo un dilettante -, Clemente Mastella a Benevento. La sua amministrazione ha dichiarato il dissesto, eppure – grazie anche alla sua capacità di comunicatore -, ha un consenso notevolmente più alto del sindaco di Avellino.

Lo ha fatto per anni, e continua a farlo, il governatore Vincenzo De Luca. Da sindaco di Salerno aveva (e ha ancora), una rubrica settimanale su una tv locale. Non si limitava – come fa ora – a lunghi sermoni, ma dava risposte alle domande dei cittadini. Anche le più banali. Un esempio? Gli venne detto che lungo una strada le macchine correvano troppo ed erano un costante pericolo per i passanti. Detto, fatto: due giorni dopo personale del comune ha installato i rallentatori.

Piccole cose, che danno un senso all'essere primi cittadini.

Paolo Foti ha sempre ignorato tutto questo. Ha lasciato crescere il dissenso intorno a sé. Si è tenuto accuse, insulti, critiche spietate. Su tutto. Anche su scelte che non erano sue (bisogna ammetterlo: ha ereditato uno sfascio). Quando ha parlato con la città, lo ha fatto solo per difendersi. O comunicare decisioni già prese, spesso impopolari. E lo ha fatto esibendo anche un certo altezzoso fastidio (che magari era solo imbarazzo).

C'è il sindaco di Marcianise, il giornalista Antonello Velardi (quindi un esperto di comunicazione), che ogni giorno su Facebook racconta la sua giornata in comune. Le decisioni adottate, le delibere, le riunioni di giunta, gli incontri, i problemi. Tutto. Ma non solo, intavola con i cittadini un dialogo aperto, rispondendo punto per punto nei commenti al post.

In questo modo taglia le gambe a qualsiasi critica strumentale, a polemiche campate in aria. Avvia discussioni, non sempre le sue decisioni piacciono a tutti. Ma almeno spiega la ratio di tutte le scelte.

Nell'intervista che ci ha rilasciato, il sindaco Foti ha messo paletti chiari (eppure le voci che circolavano come al solito erano cariche di veleno nei suoi confronti). Lo Stir? Nessun dubbio, faremo ricorso al Tar. E poi: Pianodardine? Ha già dato, lì si discute solo di bonifiche.

E ancora: scuse al sindaco di Verona? Non se ne parla, è uno che ci ha offeso troppe volte.

E poi i migranti. Finalmente una parola chiara. Siamo accoglienti, ma solo con gli Sprar (piccole strutture, non molti ospiti, nessuna speculazione di privati e il tentativo di vera integrazione).

Ma perché il sindaco non lo ha fatto prima? Perché ha lasciato che sui cantieri (tunnel e piazza Libertà in particolare), circolasse di tutto. Perché non ha coinvolto la cittadinanza su determinate scelte urbanistiche? Perché non ha avviato una discussione pubblica sul Mercatone, sull'Eliseo?

Perché – in sostanza – non ha scelto di comunicare invece di chiudersi nel Palazzo di Città? Magari avrebbe scontentato lo stesso molti elettori, probabilmente non avrebbe evitato giudizi negativi. Ma sicuro non si sarebbe fatto incollare sul petto le medaglie al disonore amministrativo che gli sono state affibbiate in questi anni.

Forse contava nel partito. Ma il partito non c'è più. E lo avrebbe dovuto capire da un pezzo. Se l'errore è stato questo, ci spiace, ma non possiamo definirlo un errore veniale. Che il Pd avellinese sia un vascello fantasma alla deriva è chiaro da molti anni. Anche da prima dell'elezione di Foti.