L'affondo di Iermano: sciocchi e schiavi alla guida del Teatro

Il professore universitario boccia il cominato di gestione e critica le scelte del sindaco Foti

Avellino.  

di Pierluigi Melillo

Bigliettopoli? “Una pagina di malcostume”, sentenza il professore universitario Toni Iermano, ex assessore alla cultura, che aggiunge: “Certo è una cosa sgradevole, ma credo che se ne occuperà forse la magistratura. Il vero problema del Teatro Gesualdo è un altro”.

Quale?

“Hanno affidato la gestione a tre brave persone che, però, il teatro chissà dove lo hanno visto. Perché non chiamare persone competenti, qualcuno che studia e conosce il teatro a Roma, a Milano, a Londra, coinvolgerlo e chiedergli il modo per farlo risorgere?”

- Ora si punta a salvare la stagione. Lei ci crede?

“Ma che significa salvare la stagione? Salvare gli spettacoli che ha messo insieme il teatro pubblico campano che viene qui con il catalogo, come si faceva una volta con i cataloghi della Vestro, e ti fa scegliere, come si fa con i bambini. E tu pensi di guidare la stagione del teatro. Ma è assurdo, siete ridicoli e sciocchi”.

- Quindi lei boccia la strategia del comune?

“Guardi, hanno tolto di mezzo l'Istituzione ma ora perché chiedere a Del Basso De Caro o a una signora dell'Alta Irpinia chi va lì dentro a occuparsi del Teatro. Ma la volete smettere? Poi, si parla di autonomia. Ma voi siete schiavi, il Teatro è una cosa seria che andava salvata. Tu estrometti il cda, lo accusi di ogni nefandezza e poi lo sostituisci con persone indicate dalla politica? Il Teatro come il centro Dorso poteva essere il motore di un nuovo meridionalismo. Ma se andiamo avanti così quando cambierà il Mezzogiorno?”.

- E la città di Avellino come le appare?

“Questa è una città del primo Novecento. Basta una luce e uno zampillio delle fontane in piazza perché la gente sia contenta. Questo vuol dire che è una città non ancora matura. Mi pare che ci sia una stagnazione dalla quale sarà difficile uscirne”

- Perché l'esperienza Foti non ha funzionato?

“Poverino, si ritrova tra incompetenze spaventose che eredita e non è solo un problema del sindaco. Ma ad Avellino la politica ha svolto una costante opera di cooptazione al ribasso. Si è preoccupata solo dell'acquisizione del consenso, che qui è stato costruito sempre come voto di scambio, specie nei quartieri popolari dove c'è bisogno e disoccupazione. Purtroppo, mi duole dirlo ma la borghesia è assente perché parassitaria: deve tutto alla politica”.

- Di questo passo difficile pensare a una svolta...

“Ad Avellino le influenze al ribasso nella vita amministrativa sono state una costanza. Quand'ero assessore mi sentivo chiuso in un meccanismo soffocante. Ora queste figurine, questi sindaci - degnissime persone - presi dalle case e dalle loro ciabatte e coinvolti in una vita politica durissima non so cosa possano fare. Avevano una protezione forte politicamente ma quando tutto questo si è sfaldato gli effetti sono stati devastanti. E che dire? Siamo a un cialtronismo che necessita un cambiamento. Speriamo”.