Avellino, una garanzia per ripartire

L'analisi. Il Cittadella ha ricordato che il girone di ritorno è davvero un'altra storia

Avellino.  

È un Avellino che ricorda il mito di Icaro: nel momento in cui sembra in grado di poter spiccare definitivamente il volo verso luminosi orizzonti, scopre la fragilità delle sue ali di cera, che si sciolgono facendolo rimpiombare inesorabilmente e fragorosamente al virtuale suolo. E si sa, più si sta in alto, più si ambisce a planare ad alta quota, e più dolorose sono le cadute. Le sconfitte interne con Vicenza e Crotone avevano già fatto provare ai lupi la fastidiosa sensazione di tornare bruscamente coi piedi ben saldi in terra. Il Cittadella ha fatto rivivere ai lupi l’esperienza del freno a mano tirato in pieno rettilineo dopo una prestazione assolutamente incoraggiante, quella offerta sette giorni prima a Vercelli, materializzandosi con toni palesemente più preoccupanti.

 

Tutte e tre le battute d’arresto casalinghe dei biancoverdi sono state di misura (0-1 coi biancorossi; 1-2 coi rossoblu; 1-2 coi granata, ndr) ma se nelle prime due circostanze l’undici di Rastelli non aveva del tutto demeritato potendo quantomeno recriminare per il cinismo degli avversari o episodi non capitalizzati, che avrebbero permesso almeno di evitare la battuta d’arresto (su tutti il calcio di rigore fallito da Castaldo contro i calabresi, ndr), ieri la sconfitta non ha fatto una grinza. Anzi. Le proporzioni dello stop sarebbero potute essere largamente superiori se gli ospiti non si fossero persi in un bicchier d’acqua davanti a Gomis dopo esserci arrivati con una facilità a dir poco eccessiva. Non è azzardato dire che, con il secondo tempo al “Provinciale” di Trapani e la gara dell’andata, è stato il peggior Avellino stagionale. Sia chiaro, in Serie B si può perdere contro chiunque, non di meno con una squadra che, a dispetto dell’ultimo posto in classifica occupato prima dell’arrivo al “Partenio-Lombardi”, si permette il lusso di far accomodare in panchina gente come Sgrigna e Coralli. È nelle modalità con cui è maturato lo scivolone che nascono le vere preoccupazioni: all’improvviso, senza segnali che lasciassero presagire ai due passi indietro di cui ha parlato Rastelli nel postpartita. Ventisei minuti e poi il buio più totale. Non c’entra la condizione fisica, che di certo non può diventare un problema nell’arco di sette giorni; c’è da tenere in conto la settimana scandita dagli attacchi influenzali che certamente non hanno permesso a tanti calciatori di essere al top, ma non ci si può nascondere dietro a un dito.

 

Ancora una volta, nel momento in cui l’Avellino è stato chiamato a dover fare la partita, sono emersi precisi limiti strutturali. La mancanza di un uomo d’ordine, d’esperienza, in grado di dettare i tempi del gioco, o di un elemento in grado di inventare una giocata risolutiva nel momento in cui Castaldo vive una giornata di scarsa ispirazione si è palesata in tutta la sua evidenza. Il centrocampo battagliero sarà pure un marchio di fabbrica del lupo degli ultimi anni, ma avere un’alternativa di qualità lì in mezzo, o tra le linee, magari non sarà la soluzione di tutti i mali ma non sarebbe affatto male. E, forse, che si sia tornato a parlare di Olivera nelle ore immediatamente successive al match non è un caso. Basterebbe? Si vedrà. Fatto sta che per compiere il salto di qualità, con gli altri club (vedi Catania, ndr) scatenati in sede di mercato, occorrerebbe un calciatore pronto, navigato e in grado di fare subito la differenza. Ma la qualità, si sa, si paga. L’Avellino ha dimostrato che si può costruire qualcosa di importante con investimenti mirati, idee, competenze e guadagnandosi credibilità. Non necessariamente svenandosi per prendere il grande nome di turno. Ma ora, se si vuole tenere alta l’asticella, serve una garanzia. Altrimenti, senza far drammi, bisognerà continuare a combattere, vivere alla giornata. Con la lucida consapevolezza che la possibilità di vivere giornate così saranno, se non altro, più elevate. Perché il girone di ritorno è davvero un altro campionato, due volte più difficile di quello d’andata. Il Cittadella lo ha ricordato.