Sidigas, questione di meriti

Il campionato dei biancoverdi può già dirsi terminato. Ora è tempo di guardare avanti

Avellino.  

La sconfitta con Caserta ha sancito con tre giornate di anticipo la fine della stagione della Sidigas. Il sogno playoff è svanito. Nessuna sorpresa, nessun clamore. La Scandone non ha mai meritato nel corso del campionato, se non durante una breve parentesi positiva nel corso del girone d'andata, di essere fra le prime otto formazioni di Serie A. Così come non ha meritato di portare a casa il derby. In un match dove la voglia e l'energia hanno fatto la differenza, i biancoverdi hanno mostrato nuovamente tutti i limiti e le insicurezze che li hanno accompagnati negli scorsi mesi. Perché il ko contro Caserta non è stato un caso, ma soltanto l'ennesima conferma.

Le motivazioni spesso possono fare la differenza e Gaines e compagni in troppe poche occasioni hanno dimostrato di averle. Probabilmente l'immagine esemplificativa della stagione irpina è coincisa con la migliore prestazione della Scandone. Era il 20 febbraio e la squadra allora guidata da coach Vitucci spaventò Milano con una partita ai limiti della perfezione, dal punto di vista tecnico così come da quello mentale. La diretta tv, la possibilità di giocarsi un trofeo, la sfida ai campioni d'Italia, tutto concorse ad una prestazione, obiettivamente, da otto in pagella. Prima e dopo quel match, l'encefalogramma biancoverde è stato quasi sempre piatto.

Fragilità mentale ma anche poca voglia di sporcarsi le mani per riuscire ad esprimere un buon basket e per mascherare i limiti dovuti ad una cattiva costruzione del roster. Perché, se da una parte la Sidigas ha sempre avuto problemi soprattutto in cabina di regia, nel tiro da oltre l'arco e nella difesa dell'area pitturata, visto un Harper sempre più ectoplasma e sempre meno al servizio della squadra ed un Anosike calato alla distanza e con un bagaglio tecnico troppo limitato per riuscire ad essere un fattore in attacco, dall'altra squadre come Caserta, una Capo d'Orlando a ranghi ridottissimi, Varese e diverse altre, almeno sulla carta, non potevano competere sul piano del talento con il roster irpino.

Evidentemente qualcosa è stato sbagliato, sin dall'inizio, ed il tempo di tirare le somme per la seconda stagione sottotono consecutiva dei biancoverdi è ormai arrivato (la terza considerando la Sidigas del 2012/2013 prima dell'arrivo di Pancotto, Lakovic, Hunter, Dean, Ivanov e Brown). Qualcuno ha già pagato, giustamente, per gli errori commessi ed è normale che il discorso dovrà allargarsi anche ad altre figure all'interno dello staff tecnico e societario. Senza andare alla ricerca ostinata del colpevole e senza volere una giustizia sommaria, ma capendo quali passi compiere per programmare un campionato, il prossimo, che dovrà essere, almeno dal punto di vista emotivo, più ricco.

Alessio Bonazzi