Reggio Emilia e Sassari insegnano: Sidigas, prendi nota

La finale scudetto ha mostrato quali sono le basi per provare a fare bene

Avellino.  

Mentre in casa Scandone si è mosso qualcosa, ma soltanto nel corso della prossima settimana potranno arrivare, finalmente, le scelte definitive per la panchina e la dirigenza, venerdì sera si è consumato l'ultimo atto dell'inedita finale scudetto fra Reggio Emilia e Sassari. Una finale che ha insegnato che, oltre ad un ottimo budget, si può fare bene con un progetto definito e chiaro e le persone giuste. Negli ultimi tre anni, la Sidigas non ha speso poco. Se nel primo, iniziato con Valli e terminato con Pancotto, la nuova proprietà biancoverde ha dovuto anche guardarsi alle spalle per ripianare tutto quello rimasto in sospeso dalle società precedenti, nei due campionati successivi il budget a dispozione, pur senza raggiungere quello delle due finaliste di quest'anno, non è stato basso. I risultati, invece, non hanno soddisfatto. 

Adesso per la Sidigas è arrivato il momento di scavare un nuovo solco e mettere in cantiere un nuovo progetto. Proprio gli esempi di Sassari e Reggio, in questo senso, possono indicare due strade da poter percorrere. I nuovi campioni d'Italia della Dinamo, a partire dal loro arrivo in A (2010), hanno messoin fila un sesto, due quarti, un secondo ed un quinto posto, portando a casa due coppe Italia e una Supercoppa, oltre al tricolore. La squadra con da una parte White, Hunter e Travis Diener, ma dall'altra Cittadini e Devecchi in quintetto, Hubalek terzo e Vanuzzo quarto lungo, Pinton, era un buon team, per esempio, ma nemmeno paragonabile a quello campione d'Italia formato da Logan, Dyson, Sanders, Brooks, Lawal, Sosa, Kadji, lo stesso Devecchi, Sacchetti, Mbodj e gli altri. Ed allora, oltre al budget e alla capacità di spenderlo bene, c'è un progetto tecnico da riconoscere. Il run 'n' gun di coach Sacchetti, all'inizio più sfrenato ed ora "addolcito", è stato messo sin dall'inizio sul tavolo. E, a seconda delle possibilità e della disponibilità, si sono scelti gli uomini giusti al posto giusto. Segno di una comunicazione perfetta fra società, dirigenza e roster, nonostante i problemi fisiologici che porta con sé la gestione di una squadra sportiva.

Reggio Emilia, invece, è al momento la squadra con l'occhio più lungo della Serie A. Kaukenas, Lavrinovic e Diener (gli ultimi due hanno giocato questi playoff a mezzo servizio) sono stati la guida in campo di un gruppo che ha espresso nel corso della stagione ben cinque giocatori, di solito, a referto nati dal 1992 in poi. Mussini è uno dei '96 più forti d'Europa, Pechacek per ora non è un fenomeno ma ha appena compiuto venti anni. Stesso dicasi per Pini (1992), un buon quarto lungo. Silins (1993) potrebbe avere un futuro in Nba, Della Valle (1993) sembra destinato a diventare uno dei migliori esterni italiani nel giro di poche stagioni. Polonara, uno dei più positivi della serie finale, è del 1991, così come Cervi e Chikoko. Cinciarini, uno dei migliori, se non il migliore, play del campionato, è sulle scene ormai da anni e mostra la solidità di un veterano. Il fratello minore dell'ex Scandone Daniele, ha compiuto da pochi giorni ventotto anni. Quando arrivò in Emilia era un buon prospetto, ma la crescita nei tre anni in biancorosso è stata enorme. La Grissin Bon ha fatto una scelta, tempo fa. Avere pazienza e affidarsi ai talenti cresciuti in casa o "importati". In questo senso, farsi trovare al posto giusto nel momento giusto, con il progetto giusto.

Della Valle, per esempio, reduce dall'esperienza ad Ohio State, ancora acerbo in alcune fasi del gioco e dalla presenza fisica non esaltante, non avrebbe trovato spazio in tante squadre del massimo campionato. Con ventidue minuti di utilizzo medio in campionato, la guardia piemontese è andato per ben quattro volte in doppia cifra nella serie contro Sassari. Nulla arriva per caso. A Reggio Emilia hanno avuto, oltre ad un buon budget, il coraggio di intraprendere un progetto sul lungo termine. Perché, quando si decide di abbassare l'età media, i rischi aumentano. Ma la società emiliana non ha preteso trofei (nonostante la vittoria in Eurochallenge dello scorso anno), anzi ha avuto la freddezza e l'acume di saper aspettare. Certo, le sirene di squadre più ricche o ambiziose potrebbero far sì che il tesoretto biancorosso possa sfaldarsi. Ma è lo stesso progetto Reggio Emilia che garantirà, con tutta probabilità, il ricambio. Non verrà fuori, magari, un altro Mussini, ma un Gianluca Basile, partito 20 anni fa proprio dalle giovanili biancorosse, o un Cervi ci saranno. Il progetto emiliano è più una filosofia di sport. Una linea continua che, tra picchi e punti bassi, ha premiato con una certa costanza la Pallacanestro Reggiana.

Alla Sidigas i tifosi non chiedono lo scudetto, bensì una pianificazione definita. A partire dai tempi, passando per le questioni burocratiche, finendo a quelle tecniche. Sassari e Reggio Emilia hanno mostrato due strade. Arrivare dodicesimi non è un reato. Arrivarci senza passione e scopo, forse.

Alessio Bonazzi