Caos migranti, cresce la protesta ma nessuno muove un dito

Il caso Vitulano non è isolato. Ma il governo resta immobile. Lascia tutto alla prefetture.

Quel “no”, non ha nulla a che fare con il razzismo. E' il fallimento dell'accoglienza lasciata nelle mani di qualche privato che intasca soldi...

Benevento.  

 

di Luciano Trapanese

Doveva accadere, e sta accadendo. La sciagurata gestione dei migranti non poteva che provocare le reazioni di Vitulano, le lenzuolate di Avellino e la protesta forte, e per fortuna ancora pacifica, di tante comunità.

Il governo è assente. La Regione anche. Tutto affidato alle prefetture. Che dopo aver incassato il rifiuto di buona parte dei sindaci non ha potuto far altro che “consegnare” i migranti alle cooperative e ai privati che hanno offerto case e strutture (l'affare, lo sapete, è lucroso).

Il risultato è quello che vedete. Proteste ovunque. E ovunque una crescente discriminazione, mista a rabbia, nei confronti di quanti arrivano dall'Africa in cerca di un futuro.

C'è poi chi soffia sul fuoco (Salvini docet), e alimenta un incendio che non porta a nulla. Se non ad aggiungere caos a caos.

Ma era – come detto – una situazione del tutto prevedibile. Non affrontare un problema non significa risolverlo.

Non ci sono linee guida, non c'è una strategia, non c'è nessun reale progetto di integrazione. Niente di niente. Prendiamo gli immigrati, li piazziamo dove ci sono strutture, paghiamo i privati (con i soldi Ue), e chi s'è visto s'è visto.

Senza rispetto, né per le comunità, né per gli ospiti. E soprattutto ignorando quello che potrebbe accadere in un futuro molto prossimo, quando chi alloggia in quelle strutture dovrà comunque andare via. Dove? A far cosa? Con quali prospettive?

Nel frattempo continuiamo a spaccare il Paese. Tra suprematisti (prima gli italiani, ma che significa?), e accoglienti a prescindere (ma come e dove?). Una contrapposizione che serve a nulla. Solo a far crescere estremismi. E inevitabili scontri. Non solo dialettici.

Non crediamo che la gente di Vitulano sia xenofoba o razzista. Così come non lo sono gli abitanti di Corso Umberto ad Avellino o quelli di Sant'Angelo all'Esca e dei tanti comuni che iniziano a dire “no” all'arrivo di altri immigrati.

Non c'è equa distribuzione (in alcuni paesi non è arrivato un solo ospite, in altri decine, in altri ancora centinaia). Non c'è un piano per l'integrazione. Non c'è una strategia per il dopo. Non c'è dialogo con le comunità. Niente di niente.

C'è un buon esempio. Sono gli Sprar. Eppure se ne parla poco, evidentemente richiedono impegno. E nessuno può riempirsi le tasche di soldi pubblici.

Tra un po' finisce l'inverno. Gli sbarchi continueranno (o qualcuno immagina che l'accordicchio con una parte non rilevante di quello che resta della Libia sia risolutore?). Le tensioni cresceranno. Certo, amplificate dalla crisi economica e dalla conseguente paura del futuro che fa crescere anche la paura dell'altro. A quel punto – e grazie pure a chi getta benzina sul fuoco senza proporre soluzioni concrete -, cosa accadrà? I casi di Vitulano o di Sant'Angelo all'Esca non solo si moltiplicheranno, ma rischiano di diventare anche molto meno gestibili.

Cosa ha predisposto il Governo? Coinvolgerà la Regioni? E i sindaci mostreranno un'apertura diversa? Ci sarà un'equa distribuzione? Sarà avviato un dialogo reale con le comunità? Sono pronti i piani di integrazione? Si porrà un limite numerico all'accoglienza? Sarà immaginata e imposta un'accoglienza capace di prevedere anche il dopo?

Al momento sono domande senza risposte. E temiamo che chi dovrebbe decidere su quelle domande neppure se l'è poste. Si vive alla giornata. In attesa. E purtroppo, in attesa dell'inevitabile. Che sarà molto peggio...