Così i migranti salveranno i piccoli paesi dallo spopolamento

Fatevi un giro a Petruro e capirete. Una gita che vale più di mille parole.

Il documento politico dei Piccoli Comuni del Welcome. La tre giorni di incontri sul tema dell'accoglienza. Tre giorni molto poco buonisti. La lezione di Galantino: i migranti non sono né clandestini, né risorse.

di Luciano Trapanese

Liberatevi per due minuti da pregiudizi, preconcetti e ideologie. Cerchiamo di capire insieme.

La questione è quella dei migranti. Si continua a chiamarla emergenza. Eppure l'ondata migratoria non è iniziata né oggi, né ieri e neppure lo scorso anno. Dura da almeno venti anni, forse di più. Molti di voi ricorderanno quando – inizi degli anni '90 -, tutti gli immigrati venivano definiti “marocchini”. Anche se marocchini non erano.

L'immigrazione era iniziata anche prima. E già allora c'era chi la chiamava emergenza. Ma se un'emergenza dura da tanto, evidentemente non è un'emergenza: è un fatto. Con il quale bisogna confrontarsi. Senza isterismi. E senza slogan. Quelli non servono a nessuno.

Bisogna capire.

Lo ha detto anche monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, nel corso del Festival W&W “Porti di Terra”, che si è svolto tra Benevento, Chianche, Petruro e Roccabascerana. Una tre giorni molto poco “buonista”, centrata tutta su un punto: come gestire quella che – appunto – non è una emergenza, ma un fatto.

Il discorso di Galantino è stato duro e politico. O meglio, è il discorso che avremmo voluto ascoltare da un politico. Perché guarda oltre. Non all'oggi, ma al domani. E perché va al di là dei soliti steccati. Si può essere d'accordo o meno. Ma esprime una visione e lo fa con logica e buon senso.

Il monsignore ha condannato le due posizioni estreme che impediscono ogni ragionamento. Che rendono impossibile capire.

Puntando su due parole contrapposte riferite ai migranti: clandestino o risorsa. Due definizioni che non portano lontano. O meglio, portano lontano dalla verità.

Se l'immigrazione è un fatto, e non è un fatto nuovo nella storia dell'umanità, bisogna fermarsi e comprendere. E' uno snodo cruciale. Ma per comprendere fino in fondo, liberiamoci dalla paura, che è una costante di questa epoca.

Facciamo un passo indietro. Entriamo nel concreto. La politica dell'accoglienza in Italia può considerarsi un fallimento. Cara e Cas hanno provocato disagi, proteste e sospetti. C'è gente che continua ad arricchirsi sulle spalle dei migranti. Non c'è nessuna politica vera di integrazione. E se si continua in questa direzione gli scenari sono disastrosi. I partiti o alimentano la protesta o non si pronunciano: la questione fa perdere voti. Il risultato è quello che vedete.

Il Festival è stato un confronto continuo. Un tavolo di lavoro lungo tre giorni. Al centro il Manifesto per una Rete campana dei comuni del Welcome, un documento politico stilato dalla Caritas di Benevento e indirizzato a tutti i piccoli comuni. E lì, nei piccoli comuni – e sono tanti tra l'Irpinia, il Sannio, il Cilento e nel resto d'Italia -, che si nasconde una soluzione e una prospettiva.

Una piccola rivoluzione. Che ruota intorno a un elemento: gli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). Dovevano essere il modello di integrazione e accoglienza. Ma in larga parte sono stati ignorati. Il guaio è anche la comunicazione. Gli Sprar non li conoscono i cittadini. Spesso neppure gli amministratori. Quasi sempre sono oggetti non identificati anche per gli organi di informazione.

Un corto circuito al quale bisogna rimediare.

Gli Sprar prevedono la presenza in un paese di tre rifugiati ogni mille abitanti. I fondi sono gestiti dai comuni e non dai privati. Si svolgono corsi di italiano, corsi per l'inserimento, corsi per apprendere un lavoro. I piccoli comuni che aderiscono al manifesto del Welcome, possono anche utilizzare i fondi statali ed europei (Sia, sostegno per l'inclusione attiva e Budget Salute), destinati alle fasce deboli, disagiate e con problemi di salute del paese. Un welfare nuovo, che si sposa con il welcome agli immigrati.

Ma non solo. I comuni che aderiscono agli Sprar non saranno presi in considerazione per i Cas, quelle macchine mangiasoldi gestite dai privati e che prevedono quaranta, cinquanta migranti chiusi in stamberghe di periferia a non far nulla.

L'accoglienza diffusa, oltre a facilitare l'integrazione, avrebbe anche un impatto quasi nullo sulla popolazione locale. Nessuno si sentirebbe invaso. Del resto, due famiglie di immigrati in un paese di tremila anime, sono tutt'altro che una invasione. E soprattutto – leggete bene – gli Sprar portano un beneficio notevole per la comunità che accoglie, in termini economici e di occupazione. Oltre a scongiurare la morte di tanti paesi in via di estinzione.

E' giusto fornirvi un esempio.

In uno dei più piccoli comuni d'Italia, Petruro Irpino, c'è uno Sprar. Poco più di duecento abitanti, in larga maggioranza anziani. Nel centro lavorano sette ragazzi del paese. Ma non solo. L'asilo verrà riaperto, grazie ai bimbi dei rifugiati. Nell'asilo lavorerà altra gente di Petruro. Si formeranno presto delle coop agricole, lavoreranno i campi abbandonati di proprietà del comune. Nelle cooperative saranno inseriti altri ragazzi italiani.

Il comune ha anche a disposizione fondi per le famiglie (italiane), in difficoltà.

Ma non solo: il paese ha ripreso vita. In piazza c'è di nuovo gente. In quello che sembrava un comune sull'orlo dell'estinzione è tornata la speranza.

Vi sembra un quadro idilliaco? Beh, andateci. Petruro è a due passi da Benevento e altrettanti da Avellino. Facile da raggiungere anche da Salerno o Napoli. Andate e constatate.

Lì – come a Chianche, Roccabascerana, Baselice, in alcuni centri dell'Alta Irpinia, e presto anche in altri comuni -, questa piccola rivoluzione è iniziata.

Non tutti i rifugiati restano. E quando vanno via le comunità vivono con tristezza le partenze. Ma chi va via spesso parte per il resto dell'Europa, dove raggiunge i parenti e dove trova anche un lavoro. Grazie ai corsi negli Sprar.

La domanda che dovete porvi è un'altra: perché il sindaco del vostro paese non richiede di ospitare uno Sprar e invece corre il rischio di ricevere in dono quel modello fallito dei Cas, fonte di guadagno per i privati e di disagio per le comunità?

E' una domanda legittima. Pretendete una risposta.

La prima edizione del Festival è un punto di partenza. L'obiettivo è quello di allargare la fascia di piccoli paesi accoglienti. Una rivoluzione che parte dal basso. E parte dal Sud, per una volta. Anzi, parte da qui, da questa terra. La vostra.