L'ultimo saluto a Marcella: «Ora silenzio e preghiera»

Ieri a Foglianise i funerali della donna uccisa

Foglianise.  

«La domanda ricorrente, e inevitabile, quando accadono cose come questa è “Perché?”. Magari si potesse dare una risposta, che invece non c’è. E allora, meglio adoperarsi alla riflessione e al silenzio. Perché a volte anche le parole fanno male». Così don Nicola Della Pietra durante l’omelia celebrata ieri pomeriggio a Foglianise, tra le navate della chiesa di?Santa Maria di?Costantinopoli dove la comunità ha salutato per l’ultima volta Marcella Caruso. Vittima di un delitto feroce di cui è ritenuto responsabile Antonio Tedino, anche luimorto ma suicida. Una storia nella quale si intrecciano tante altre storie: di uomini, donne e ragazzi trafitti drammaticamente da una tragedia che mai nessuno poteva neanche lontanamente immaginare.

Ma nel piazzale della chiesa in ristrutturazione, ieri non c’era spazio per i commenti. O, peggio, per i giudizi. Ieri, come aveva chiesto con insistenza il parroco, è stato solo il giorno del silenzio. E del dolore. La chiesa non ha potuto accogliere al proprio interno le centinaia di persone accorse per l’estremo saluto a Marcella. Di Foglianise, ma venute anche da fuori. Ci sono i colleghi del marito, con la divisa della Capitaneria di porto. Amici, conoscenti. E gente comune. Tantissima gente comune.

I banchi erano già tutti occupati ben prima che il feretro arrivasse in chiesa. Un corteo silenzioso, che accompagna la bara di Marcella fino all’altare e poi all’uscita quando la messa finisce. Volti segnati come solo un dolore atroce può fare. C’è chi ancora pochi minuti prima della celebrazione porta corone di fiori, perché l’affetto non ha una data di scadenza. C’è chi prova a commentare, a cercare una motivazione. Impresa inutile.

Perché - come ha ricordato don Nicola durante l’omelia a proposito della lettura del Vangelo - «come avvenuto sul Golgota amore e dolore spesso convivono. Come la Madonna ai piedi della croce, piangiamo. Da discepoli, non da disperati. Perché crediamo nella vita eterna», ha concluso.

di Giovanbattista Lanzilli