Paga o il video hard va in rete

L'approfondimento. Il racconto di un giovane vittima del fenomeno

Benevento.  

I social come terreno sul quale agire. Dopo aver creato le condizioni necessarie a far scattare la trappola. Chi ci è finito dentro mani e piedi, racconta lo sconcerto, la paura provata nel leggere quelle poche righe. “Tira fuori i soldi o quel video sarà pubblicato....”. Una minaccia esplicita, un ricatto che talvolta funziona. “Non credevo ai miei occhi” racconta una delle vittime di un fenomeno che continua purtroppo a crescere. Tanti i casi, l'impressione è che siano però in maggioranza quelli che non vengono denunciati. Insomma, meglio pagare e non creare ulteriori difficoltà, evitando di portare all'esterno delle mura domestiche la propria storia. Quelle al centro delle indagini, soprattutto della polizia postale, si somigliano tantissimo. Sembrano in fotocopia, le uniche differenze sono rappresentate dall'età di coloro che sono diventati, loro malgrado, il bersaglio di vicende squallide che sfruttano un momento intimo come arma da utilizzare, e dall'importo delle somme pretese. Non superano i 1000 euro, mediamente si attestano tra i 200 e i 500. Il prezzo 'imposto' per non divulgare immagini che arrecherebbero un durissimo colpo alla dignità di chi è stato immortalato. Occhio, dunque, a ciò che si muove in rete. Perchè il primo passo è la più banale richiesta di amicizia su facebook. Arriva magari da un profilo corredato dalla foto di una donna di bella presenza, vallo a capire se si tratti o meno di una identità vera.

Una volta accettata la richiesta di amicizia, gli scambi iniziali sono all'insegna della normalità. Nulla che possa far immaginare ciò che si verificherà successivamente. Quando l'interlocuzione diventa privata, quando è una chat il luogo nel quale prosegue la conversazione. Le frasi sono patrimonio comune solo di chi le scrive, non della platea di amici che ognuno di loro ha. I dialoghi si fanno sempre più stretti, le allusioni sessuali si sprecano in un gioco che non lascia presagire sviluppi inquietanti. Che spesso, purtroppo, si materializzano.

Chi 'mena le danze' all'insaputa dell'altro, propone d'un tratto una videochiamata su Skype. Ci si guarda attraverso un computer, il servizio è gratuito, la prospettiva ringalluzzisce lui. Che, all'improvviso, dopo una 'fase di riscaldamento', si trova di fronte scene a luci rosse. Viene lanciato l'amo, ecco la provocazione che suona irresistibile perchè solletica l'istinto: “Perchè non fai altrettanto anche tu?” Chi abbocca non sa che quegli istanti di totale abbandono possono essere registrati contro la sua volontà. Non immagina che dall'altra parte ci sia qualcuno che ha teso da un pezzo la rete nella quale lui è destinato a restare impigliato. Una donna, magari un amico o un compagno di classe al quale fino a qualche minuto mai e poi mai avresti attribuito la capacità di combinarla tanto grossa. Lo si capisce quando, terminata l'esibizione hard, spunta su facebook un messaggio che non ammette equivoci. Serve una cifra di denaro per fare in modo che quel filmato non venga messo in rete, su youtube, a disposizione di tutti. Perchè chiunque possa osservarlo. Il tono della richiesta è perentorio, in qualche occasione accompagnato anche dall'accusa di pedofilia scagliata contro il malcapitato di turno. C'è chi accetta nel timore che possa davvero accadere, e chi, al contrario, rifiuta e si rivolge alle forze di polizia. “Non è stato semplice riferire ciò che mi era capitato, ma ho trovato il coraggio per farlo”, confessa un giovane. Sperava in una nuova esperienza, ha dovuto fare i conti con una piaga che ha un nome ed un cognome: estorsione.

Enzo Spiezia