Quell'anziano ancora dietro le sbarre

Il caso del 90enne di San Leucio del Sannio detenuto da un mese per una pena definitiva

Benevento.  

Quale sia la colpa di cui è stato ritenuto responsabile con una sentenza diventata definitiva, saperlo in carcere alla sua età non è motivo di particolare orgoglio per il nostro Paese. Perchè la sua condizione stride fortemente con quella offerta, complessivamente, da un'Italia nella quale circolano a piede libero, o sono sottoposte a misure restrittive meno afflittive, persone accusate di reati gravissimi. E senz'altro più giovani e in uno stato di salute migliore dell'ultranovantenne di San Leucio del Sannio che della casa circondariale di contrada Capodimonte è ospite ormai da un mese. Certo, è in infermiera e non in una cella. Non potrebbe essere diversamente: è cardiopatico, soffre di una forma ansioso-depressiva ed ha problemi di deambulazione che lo costringono spesso sulla sedia a rotelle.

Il suo caso sta occupando le cronache da un bel pezzo, chissa quando sarà fissata al Tribunale di Sorveglianza di Napoli l'udienza di discussione dell'istanza di differimento della pena presentata dall'avvocato Eugenio Capossela. Che nelle prossime ore ne depositerà un'altra al giudice di Sorveglianza di Avellino, nella speranza che, in attesa della prima pronuncia, accolga l'appello disperato che l'anziano continua a lanciare.

“Non voglio morire qui, non voglio che i miei giorni si concludano così”, ripete ogni volta che incontra il suo difensore. Ne aveva probabilmente uno d'ufficio quando nel gennaio 2013 la Corte di appello aveva ribaltato la sentenza con la quale il Tribunale di Benevento, nel novembre 2006, aveva assolto, perchè il fatto non sussiste, lui ed altre tre persone. Tutti erano stati chiamati in causa da un'indagine della Squadra mobile su abusi sessuali ai danni di una bambina di 7 anni. I fatti risalgono al 2000 ed al 2001, l'attività investigativa aveva coinvolto i genitori della piccola, un professionista e l'allora ultrasettantenne, che avevano proclamato la loro estraneità alla vicenda al centro di un'inchiesta nel corso della quale il Tribunale per i minori aveva allontanato alcune bimbe dalle rispettive famiglie. Un provvedimento accompagnato da polemiche roventi e proteste eclatanti, che successivamente era stato revocato.

Una brutta storia sulla quale in primo grado era stata scritta una parola favorevole agli imputati. Sui quali, a distanza di oltre sei anni, era calata, così come aveva propossto la Procura, la scure delle condanne stabilite in appello: 9 anni per il papà e la mamma, 8 per gli altri due. Una sentenza non impugnata in Cassazione dall'anziano (per gli altri l'appuntamento dinanzi alla Suprema Corte è invece in programma ad ottobre), e per questo passata in giudicato.

Nasce da qui l'ordine di esecuzione firmato dalla Procura generale a carico del novantenne, che la mattina dello scorso 23 giugno gli agenti della Mobile avevano prelevato dalla sua abitazione e condotto in carcere. “Lei ha otto anni da scontare...”, si era sentito dire il pensionato. Che in quella occasione, oltre a ribadire la propria innocenza, aveva raccontato di aver lavorato per tanti anni all'estero, anche scavando carbone nelle miniere belghe. Forse un modo per esorcizzare e tenere lontani lo sconcerto e la paura provati allorchè aveva capito il motivo per il quale avevano bussato alla porta del suo appartamento. Chiede di tornarci, per trascorrervi ciò che gli resta da vivere. A novant'anni suonati non sarebbe davvero uno scandalo.

Enzo Spiezia