Antonio morto a 26 anni dopo più interventi, slitta udienza. Il padre: Vergogna

Benevento. Difetto di notifica, a giugno nuova camera di consiglio su inchiesta a carico di 2 medici

antonio morto a 26 anni dopo piu interventi slitta udienza il padre vergogna

Sit-in dinanzi al Tribunale questa mattina. La Procura ha chiesto l'archiviazione, opposizione delle parti offese. Il Gip deciderà il destino dell'indagine

Benevento.  

“Vergogna”, ha gridato in aula il padre quando ha capito che il gip Roberto Nuzzo, che non avrebbe potuto fare diversamente, ha disposto il rinvio dell'udienza al 24 giugno, per la mancata notifica ad uno degli indagati. “E' una vergogna”, ha ripetuto, all'uscita, il genitore di Antonio Pagnano, 26 anni, di Colle Sannita, morto il 5 febbraio 2020 dopo più interventi. Con lui c'erano la mamma e i due fratelli di Antonio, che da circa cinque anni stanno combattendo una battaglia perchè vengano riconosciute le presunte responsabilità di due medici della Nuova clinica Santa Rita.

Non sono mai stati soli, questa mattina lo erano ancor di meno perchè dinanzi al Tribunale si sono radunate una cinquantina di persone – parenti, amici e anche il sindaco di Colle, Michele Iapozzuto- che hanno alzato una serie di cartelli e striscioni per “chiedere giustizia”. Lo hanno fatto in occasione della camera di consiglio convocata dopo l'opposizione alla seconda richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura.

E' toccato agli avvocati Antonio Leone e Francesco Del Grosso (nella foto), legali delle parti offese, comunicare loro ciò che era successo, l'ulteriore slittamento dell'appuntamento, nel corso del quale avrebbero insistito per l'imputazione coatta o per una perizia in grado di superare le opposte valutazioni dei consulenti delle parti. Evidente la delusione, ancora di più la rabbia, espressa con una compostezza ed una dignità senza pari, dei familiari di Antonio.

Si tratta di una storia dolorosa di cui ci siamo ripetutamente occupati, al centro di una inchiesta che aveva chiamato in causa un chirurgo ed un radiologo della struttura, difesi dagli avvocati Angelo Leone e Vincenzo Sguera, un anno fa, su ordine del gip Gelsomina Palmieri, chiamato a pronunciarsi sull'opposizione delle parti offese alla prima richiesta di archiviazione della Procura, che fino a quel momento aveva proceduto contro ignoti.

Tutto era cominciato il 29 novembre 2019, quando Antonio era stato operato presso la Nuova Clinica Santa Rita per la rimozione di un “linfangioma cavernoso retroperitoneale”. Erano sorte delle complicazioni, il 3 dicembre era stato sottoposto ad un ulteriore intervento, poi il giorno seguente era stato trasportato dal 118 al Rummo, dove era rimasto ricoverato fino al 5 febbraio del 2020, quando il suo cuore aveva smesso di battere per sempre nonostante altri interventi praticati per cercare di salvarlo.

La denuncia dei genitori aveva innescato l'avvio di una indagine, il pm Maria Colucci aveva affidato ai dottori Lamberto Pianese ed Osvaldo Micera l'incarico di valutare le cartelle cliniche, poi aveva nominato i dottori Arianna Giovannetti ed Andrea Balla dopo le osservazioni del professore Alessandro Dell'Erba, consulente, al pari del dottore Francesco Venneri, delle parti offese. Il passo successivo era stata la richiesta di archiviazione avanzata dal Pm perchè “l'ipotesi accusatoria prospettata, di un possibile errore medico quale causa (anche solo concorrente) del decesso non ha trovato nel corso delle indagini sufficienti riscontri, non avendo fornito gli accertamenti tecnici disposti ed eseguiti sulla documentazione elementi in grado di fondare una prognosi di favorevole esercizio dell'azione penale”.

Valutazioni contrastate dalle parti offese perchè gli specialisti del Pm hanno “riconosciuto la non conformità del comportamenti assistenziali dei sanitari della clinica, evidenziando due eventi avversi collegati casualmente con il decesso, entrambi risalenti al primo intervento: la fissurazione all'arteria mesenterica superiore e la perforazione del duodeno terminale, ma “escludono profili di rilievo penalistico”. Anche i secondi consulenti “evidenziano la sussistenza di un nesso casuale esclusivo tra le procedure chirurgiche e il decesso, ma inspiegabilmente non riconoscono elementi di censura nell'operato dei sanitari”. Che, al contrario, vengono invece rilevati dai consulenti della famiglia del giovane, secondo i quali è evidente il presunto “carattere negligente, imprudente e imperito delle condotte dei sanitari che hanno avuto in cura Antonio alla Santa Rita”. Nel mirino “il mancato approfondimento dell'entità delle possibili e prevedibili complicanze legate alla patologia (di estrema rarità) e della “conseguente”, presunta “inidoneità della Santa Rita al trattamento di tale patologia, in quanto priva di un reparto di rianimazione e di specialisti di chirurgia vascolare”. Attenzione puntata, inoltre, sulla presunta “marchiana sottovalutazione dei sintomi delle complicanze operatorie, che avrebbero comunque imposto il trasferimento del paziente, già subito dopo il primo intervento, presso una struttura idonea.. Sintomi evidenti già dopo il primo intervento”.