“Non ho mai ricevuto somme di denaro né assicurato alcun vantaggio a Lo Russo e alla sua famiglia, che sono stati costantemente al centro della nostra attività investigativa. Al punto che posso affermare che le indagini della Squadra mobile di Napoli nei loro confronti sono state di gran lunga superiori a quelle condotte, complessivamente, da tutte le altre forze di polizia”.
Netto nelle risposte, alimentate da una memoria di ferro che ha evitato qualsiasi incertezza, Vittorio Pisani, ex funzionario e dirigente della Mobile partenopea, attualmente al vertice, a Roma, della Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere, è stato ascoltato questa mattina nel processo, in cui è parte offesa, a carico di Salvatore Lo Russo, ex capo clan di Miano, poi collaboratore di giustizia, imputato di calunnia ai danni del superpoliziotto, che cinque mesi fa ha visto riconosciuta anche in appello la sua innocenza dalle accuse di abuso d'ufficio e favoreggiamento di due imprenditori nell'inchiesta sul presunto riciclaggio di soldi in alcuni ristoranti sul lungomare.
L'accusa di calunnia per Lo Russo, confidente di Pisani, era stata formulata dal sostituto procuratore Giovanni Tartaglia Polcini – il processo è stato ereditato dal pm Assunta Tillo – in relazione ad alcune dichiarazioni rese nel febbraio 2011, mentre era detenuto nel carcere di Ariano Irpino (la Procura di Benevento era diventata competente dopo l'accorpamento del Tribunale del Tricolle), secondo le quali Pisani avrebbe accettato da lui , tra il 2005 ed il 2007, 160mila euro. Parole che avevano innescato un'inchiesta nei confronti del dirigente della Polizia da parte della Procura di Napoli, che ne aveva chiesto poi, ottenendola dal gip, l'archiviazione. (leggi l'approfondimento sull'App di Ottopagine)
Enzo Spiezia
