Disabile morto, il gip ordina nuove indagini

Il caso del 36enne di San Martino Sannita deceduto nel 2012

Saranno ascoltati alcuni testimoni e rivalutati gli atti, anche quelli prodotti dalle parti offese

Benevento.  

 

L’attività investigativa deve proseguire. Rivalutando gli atti, anche quelli prodotti dalla parte offesa. Acquisendo i dati istologici. Ascoltando alcuni testimoni. Fornendo una risposta a più di una domanda: è possibile che il decesso sia stato causato da uno strozzamento da rigurgito? E’ ipotizzabile un rigurgito dopo un infarto?

Sono le conclusioni alle quali è giunto il gip Roberto Melone, che ha respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, alla quale si erano opposti i familiari, dell’indagine sulla morte di un 36enne di San Martino Sannita, avvenuta il 9 ottobre del 2012. E’ l’ennesima tappa di una vicenda raccontata da Ottopagine a partire dal luglio del 2013. Quando i genitori dell’uomo, assistiti dall’avvocato Nunzio Gagliotti, avevano presentato una denuncia, chiedendo di riesumare la salma per sottoporla ad autopsia, ipotizzando che non fosse stato stroncato da un infarto, ma fosse rimasto soffocato mentre mangiava. Era un uomo che per colpa di un incidente capitato quindici anni prima era diventato disabile. Una condizione per la quale era costretto a quotidiane sedute di recupero e riabilitazione che gli avevano consentito di riprendere una minima funzionalità motoria. Ogni giorno raggiungeva una struttura in provincia nella quale era seguito nei piccoli ma importanti passi che compiva lungo un percorso complicatissimo. Il suo cuore aveva cessato di battere per un malore improvviso che l’aveva colpito subito dopo il pasto, mentre era seduto a tavola. Un'operazione, quella di nutrirsi, che non poteva fare autonomamente, senza la necessaria assistenza. Aveva difficoltà di deglutizione che già in passato gli avevano causato problemi, e per questo era stata suggerita una dieta particolare. Infarto, la diagnosi posta all'epoca. Un dramma per i genitori, ai quali i risultati di alcuni esami praticati in precedenza sembra non avessero restituito, a carico del figlio, anomalie di natura cardiovascolare.

Ad alimentare i loro dubbi erano state alcune lettere arrivate tra la fine del 2012 e l'inizio del 2013 alla madre, ed immediatamente consegnate ai carabinieri della Stazione di San Giorgio del Sannio, che avevano ascoltato alcune persone. Lettere nelle quali sarebbero state prospettate circostanze diverse da quelle fino a quel momento descritte, con riferimenti al presunto soffocamento di cui il 36enne sarebbe rimasto vittima. Per questo, dopo aver ottenuto il parere di uno specialista, avevano deciso con il loro legale di rivolgersi alla Procura. Il pm Maria Aversano aveva affidato l'incarico per l'autopsia alla dottoressa Monica Fonzo, nel corso di un'udienza nella quale erano stati nominati i consulenti di parte: il professore Piero Ricci per il papà e la mamma del 36enne; e Carmine Lisi, primario di Medicina legale dell’ospedale di Caserta, per due dei cinque indagati, difesi dagli avvocati Vincenzo Sguera e Luigi Diego Perifano.

A distanza di oltre un anno la richiesta di archiviazione firmata dalla Procura anche sulla scorta della consulenza medico-legale. Conclusa con l’impossibilità di giungere ad una definizione delle cause e dei mezzi della morte, per l’eccessivo stato di decomposizione degli organi. Il passo successivo era stato il no dei congiunti della vittima, da qui la fissazione di una camera di consiglio fissata circa due mesi fa e seguita dalla decisione del giudice, che ha disposto un ulteriore lavoro d’indagine. Con un provvedimento nel quale ha sottolineato che “appare circostanza che può dirsi accertata la somministrazione di mozzarella, cibo che non era prudente” che il paziente mangiasse.