Appalti, Parrella: tangente a Mancini? Ma se mi ha denunciato

Interrogati quattro imprenditori, il gip decide sulle richieste della difesa

Benevento.  

Nessuno se n'è rimasto in silenzio. Tutti hanno risposto alle domande del gip Flavio Cusani. C'è chi lo ha fatto in un lasso di tempo più lungo, ma era ampiamente prevedibile vista la diversità delle posizioni ed il ruolo assunto nel corso dell'attività investigativa. Nessuna sorpresa, dunque, per le due ore per ciascuno degli interrogatori di Fioravante Carapella, 54 anni, ed Angelo Collarile, 44 anni, di Benevento. Si tratta di due degli otto imprenditori finiti agli arresti domiciliari nell'inchiesta su alcune gare d'appalto del Comune di Benevento che sarebbero state pilotate in cambio di presunte tangenti. Un'indagine innescata lo scorso anno dalle dichiarazioni rese da Carapella, e successivamente da Collarile, in un procedimento per usura nel quale il secondo compare come parte offesa. Difeso dall'avvocato Nunzio Gagliotti, Carapella ha confermato le sue affermazioni, arricchendole di ulteriori chiarimenti alle luce di quelle di Collarile riportate nell'ordinanza di custodia cautelare, e spiegando di aver avuto rapporti con il dirigente comunale Angelo Mancini, da lunedì in carcere, in due sole occasioni. In una gli avrebbe chiesto informazioni sulle opportunità legate alla legge sull'imprenditoria giovanile, che pensava potessero essere sfruttate dal figlio, nell'altro incontro, avvenuto a distanza di una decina di giorni nei pressi delle Poste, gli avrebbe portato della documentazione, ma incompleta.

Anche Collarile, assistito dall'avvocato Nino Lombardi, avrebbe ribadito quanto già affermato. E' nella sua abitazione che i carabinieri avevano rinvenuto e sequestrato, il 2 maggio 2015, l'endoscopio che sarebbe stato adoperato da Mancini – secondo gli inquirenti – per spiare le offerte delle ditte senza aprire le buste. Una circostanza seccamente smentita da Mancini, che aveva anche escluso di aver consegnato a Collarile, suo cugino e suo debitore, l'attrezzatura. La ricostruzione dei fatti operata dall'accusa disegna per Collarile il compito di intermediario che Mancini gli avrebbe dato per stringere contatti, attraverso altre persone, con i titolari delle imprese. Come Giuseppe Pancione, 56 anni, di San Martino Valle Caudina, e Pellegrino Parrella, 54 anni, di Roccabascerana, anche loro ascoltati oggi.

Difeso dagli avvocati Dario Vannetiello e Raffaele Scarinzi, Pancione ha negato di conoscere Mancini e di aver avuto rapporti con lui. Ha ammesso invece di aver incontrato Collarile e Carapella, che gli avrebbero parlato – ha sostenuto – della possibilità di condizionare gli appalti. Lui si sarebbe però reso conto che entrambi non avevano questa capacità. Ha inoltre precisato di non essere sotto usura, di aver partecipato ad una sola gara, peraltro in un'Associazione temporanea d'impresa, e di non aver mai versato somme di denaro perchè nulla ha ricevuto. Spiegando anche la ragione lecita dei soldi sequestrati sia sul conto corrente, sia in casa.

Dal canto suo, Parrella (avvocati Dario Vannetiello e Teodoro Reppucci) ha riferito che dopo essersi aggiudicato una gara, Mancini lo aveva convocato perchè lui aveva certificato l'insussistenza di precedenti penali ostativi, convinto che non lo fosse quella condanna al pagamento di un'ammenda di 5mila euro rimediata in precedenza per la sua attività lavorativa. A quel punto, ha continuato Parrella, aveva rinunciato all'aggiudicazione per evitare la segnalazione all'Anac. Mancini, che secondo l'accusa avrebbe intascato da lui una tangente di 50mila euro, lo aveva però denunciato, dando il là ad un'inchiesta sfociata in un decreto di citazione a giudizio, depositato, a carico di Parrella, imputato di falso. Elementi che hanno indotto l'avvocato Vannetiello a chiedere la revoca della misura e anche la riduzione delle somme sotto sequestro. Di identico tenore le richieste avanzate per Pancione, che ha prodotto una memoria relativa anche ai compensi avuti come consulente nel settore degli appalti.

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