Baby Boom, quando erano diversi gli italiani non i problemi

Il libro di Bruno Menna è un racconto emozionale in difesa degli over 50 e degli over 55

Benevento.  

 

Non è né un testamento, né un manifesto generazionale. E' un racconto che si snoda attraverso anni irripetibili per il nostro Paese. Gli anni in cui siamo cresciuti e che ci hanno consentito di mettere nel nostro Pantheon ideale, valori oggi in disuso”.
Parte da qui Bruno Menna per parlarci del suo “Baby Boom, memorie di una generazione che non vuole farsi rottamare”, pubblicato da Iuppiter edizioni e presentato a Benevento dall'autore con gli interventi di Pasquale Viespoli e Luigi Diego Perifano.

 

“Questo è un racconto emozionale in difesa degli over 50 e degli over 55, di tutti coloro, cioè, che hanno avuto la fortuna di nascere nei Cinquanta, crescere nei Sessanta e formarsi nei Settanta”. Così la quarta di copertina descrive il lavoro che nei suoi undici capitoli intreccia economia, politica, spettacolo, sport... o meglio il pallone, lingua, vizi e virtù in un affresco in cui “Erano gli anni...” diventa il leit motiv di una certezza (di allora) contrapposta ad un dubbio (di oggi).

 

“Non sarà facile per nuovisti e rottamatori liberarsi facilmente o mandare al macero adulti e tardo adulti. Vengono dal secolo breve e dal millennio che sembra non voler finire mai, vengono dal passato ma appartengono al presente. E non saranno la bulimia tecnologica, la rivoluzione digitale, la diretta streaming, il ricorso maniacale al web, la politica liquida, l'e-governament, la democrazia istantanea, il populismo digitale, la macelleria sociale imposta dall'economia di carta, a tenerli fuori dalla battaglia finale che riporti le intelligenze e le competenze a misurarsi con l'efficienza e non l'età anagrafica (...)”. Si legge ancora nella note che accompagnano il libro.
E infatti Bruno Menna ci spiega: “Parliamo di una generazione che non vuole farsi rottamare, né formattare. Perché ha dato tanto al Paese e alla formazione della coscienza civica e si ritrova, spesso, ad una certa età, senza lavoro e senza prospettive. Ecco dunque una piccola difesa”.

 

Un libro che vive di fatti, di storie, di protagonisti. Personaggi della musica, della tv, del mondo dello spettacolo. Personaggi noti ma anche gente comune esempio di un buonsenso ormai svanito.
Dal “risveglio del Belpaese” ecco “nuove virtù e antichi vizi” in un'Italia che non era “propriamente il paese dei balocchi o dei Bengòdi”, tra “certezze e disincanto”, “autopropulsione e autostima”, “passione (per la) politica”, “spettacolo e pallone”, in cui resisteva senza dubbio alcuno “il primato della semplicità” e ai bambini si rispondeva ancora con la filastrocca de “L'erba voglio nel giardino del re”.
Un viaggio capace di descrivere un'Italia che va sbiadendo e rimandare un quadro ironico, divertente e vivido anche per chi, quegli anni, non li ha vissuti.

 

“Quello che emerge dal libro è un quadro in controtendenza... specie se si indicano quegli anni come l'età dell'oro. Per questo – spiega l'autore – mi sono divertito a riportare nel libro gli incipit dei discorsi dei Presidenti del Consiglio quando chiedevano la fiducia alle Camere. E si scopre che i problemi del paese erano: la disoccupazione, l'emigrazione, la corruzione, l'esteso potere della burocrazia. Dunque erano diversi gli italiani non erano diversi i problemi”.

 

Mariateresa De Lucia