Biagio Izzo in Bello di papà, lo racconta Vincenzo Salemme

Venerdì al Massimo la divertente commedia che parte dalla "crisi economica"

Benevento.  

Si torna a teatro, a Benevento con l'inaugurazione della stagione teatrale 2016/2017. Palcoscenico Duemila prenderà il via venerdì 28 ottobre, alle 20.45, al Massimo con Biagio Izzo in Bello di papà di Vincenzo Salemme.
Una produzione del Teatro Cilea Napoli Srl in collaborazione con Pragma Srl con Mario Porfito, Domenico Aria, Adele Pandolfi, Yuliya Mayarchuck, Rosa Miranda, Arduino Speranza, Luana Pantaleo. Scene Alessandro Chiti, costumi Francesca Romana Scudiero, disegno luci Gigi Ascione, musiche Antonio Boccia, aiuto regia Antonio Guerriero, regia Vincenzo Salemme, supervisione Artistica Teatro Cilea Napoli Srl.

“Bello di papà è una commedia del 2006. Credo che l’idea mi sia venuta quando in tutto il mondo occidentale arrivavano i primi segnali della crisi economica, che ancora oggi fatichiamo a superare.
Dico forse perché, col senno di poi, mi sembra che Antonio Mecca, il dentista protagonista della commedia, possa rappresentare, ovviamente in versione decisamente comica, il travaglio sociale, economico e psicologico di una gran parte della cosidetta generazione dei cinquantenni, che dall’inizio di questo millennio viene messa in discussione ogni volta che la politica si deve occupare delle programmazioni finanziarie”.
Così Vincenzo Salemme racconta lo spettacolo: “Antonio Mecca è il classico uomo che ha raggiunto una posizione sociale, ma che allo stesso tempo la sente, questa posizione, vacillare sotto i colpi del cosiddetto “Nuovo che avanza”. E il “nuovo che avanza” per quella generazione cui facevo riferimento poco più sopra, sono appunto i giovani che vogliono prendere i posti di comando.

Antonio ha paura di ogni novità, è un vero conservatore, conservatore di danaro, ma soprattutto conservatore di affetti. Profondamente sarebbe un buono, ma costantemente ha paura di essere fregato, è forse per questo che non si è mai sposato.
E’ forse per questo che adesso sta con una bellissima ragazza ucraina, che gli piace da morire, ma, allo stesso tempo, teme come un ingombrante invasore.
Invasore della casa e soprattutto del conto corrente perché Marina, l’ucraina, vorrebbe costruire una famiglia con Antonio, e vorrebbe, soprattutto, (questa la cosa più terrificante e spaventevole per il nostro dentista) dei figli.
Antonio teme i figli più di ogni altra cosa, perché i bambini sono di un egoismo assoluto e lui, egoista per paura, questo proprio non può accettarlo.
E’ così che nasce l’idea di questa commedia, da questo paradosso: un uomo che non vuole avere figli, costretto a ricevere in casa un suo coetaneo che ha bisogno di ritornare ad essere un figlio.

Nel paradosso di questo scontro generazionale tra due uomini della stessa età, forse, si nasconde quello che io credo sia un finto problema. Penso che l’età ci distingua gli uni dagli altri, ma altrettanto fermamente credo che dal punto di vista sociale l’età sia soltanto una convenzione.

Credo che dividere i cittadini tra giovani ed anziani sia un vecchio modo di intendere la politica. Penso che esistano, piuttosto, le persone e che ogni persona abbia il diritto e il dovere di salvaguardare il proprio benessere sociale e spirituale”.