Pezzi: "L'esonero di Brini? Magari prima..."

"Se me ne daranno la possibilità sarò lieto di ripartire da Benevento"

Benevento.  

Schietto e sanguigno come tutti i romagnoli, Enrico Pezzi incarna alla perfezione la gente della sua terra che qualcuno definisce i “meridionali del Nord”. La disamina su quello che è accaduto e sta ancora accadendo al Benevento Calcio è lucida, mai banale. Sa che ha giocato un buon campionato, ma gli secca tanto “essere arrivato a Roma e non aver visto il Papa”. Tutto ruota intorno alla sfida col Como, anche se la stagione del Benevento sembra un romanzo d’appendice, una storia a puntate con un epilogo a sorpresa. “Quel giorno siamo entrati in campo nervosi – dice Enrico – perché avevamo il timore di non riuscire a vincere. Col Como avevamo tutto da perdere e questa cosa l’avvertivamo. In ogni caso in una gara con scarse occasioni da gol, quelle poche le abbiamo avute noi. E quando siamo andati in vantaggio abbiamo pensato che la cosa più difficile l’avevamo fatta”. Invece… “Invece abbiamo preso due gol su loro ripartenze nate da un errore sul nostro possesso di palla. Imperdonabile”. Sul primo gol di Ganz, Pezzi ha provato a contrastare il centravanti comasco, ma non è arrivato in tempo: “In un primo momento mi sono disperato, perché ero convinto di non aver fatto il massimo. Poi quando ho rivisto l’azione in video, ho capito di aver fatto il movimento giusto. Sono andato più verso il portiere ed era quello che dovevo fare, purtroppo la palla si è spostata e ho perso il vantaggio che avevo su Ganz e lui l’ha messa dentro”. Il secondo gol chiama in causa Som e Piscitelli: “Rispetto al primo gol eravamo posizionati meglio. Un cross sbagliato ha assunto una traiettoria micidiale e ha preso Piscitelli in controtempo: aveva fatto come è giusto un passo avanti per l’uscita”. Enrico era già in panchina: “Stavamo commentando il palo di Lucioni e dicevamo che non era giusto andare ai supplementari. Quando abbiamo preso gol ci siamo messi le mani nei capelli, qualcuno si è messo a piangere. C’era il rammarico di aver buttato via un campionato che per qualche tempo avevamo dominato e di non aver sfruttato il fattore campo”. Quando il presidente Vigorito ha annunciato il suo addio al calcio, Pezzi era all’antidoping. Gliel’hanno riferito i compagni: “E’ stata una doccia fredda, la notizia ci ha destabilizzato, pensavamo di poter ripartire da un bel gruppo”. Eppure si dice in giro che qualcosa tra voi non funzionava più: “Siamo stati sempre corretti e leali, dentro e fuori lo spogliatoio. Non era facile, era un gruppo nuovo, certe sinergie non c’erano: quando si dice la verità in faccia è sempre un bel punto di partenza, ci siamo completati a vicenda. Ripartire da una buona parte di questo gruppo porterebbe dei vantaggi, con quelli che si sono comportati meglio e con qualche altro di categoria si può solo migliorare”.

Capitolo Brini. “Da quello che ho capito, è stato il mister a fare il mio nome e devo ringraziarlo: ho avuto un problema ad agosto, una preparazione non continua e alle prime giornate non ero in formissima. Brini è una persona seria, capace, che sta sempre sulle sue e prima di dire una parola positiva o negativa ci pensa su molto. L’esonero? Forse sono stati sbagliati i tempi, i nuovi non ne hanno avuto per creare qualcosa di proprio”. Dunque..? “Bè se l’intenzione era quella di cambiare, eventualmente sarebbe stato il caso di farlo un paio di giornate prima. Cinelli e Landaida sono persone preparate, hanno colmato la mancanza di esperienza con la voglia, ma un giudizio completo su di loro non si può dare, non c’è stato tempo”.

Momenti cruciali. “Secondo me ce ne sono un paio in positivo e in negativo. Siamo andati bene all’inizio fino alla partita col Lecce, poi abbiamo un po’ frenato fino alla trasferta di Messina. Siamo tornati dalla Sicilia convinti di aver perso un’occasione, invece la Salernitana è andata ko a Barletta e abbiamo capito di aver preso un buon punto. Il periodo nero è quello tra Barletta, Salernitana e Aversa. Queste sfide sono arrivate nel momento in cui stavamo peggio fisicamente e poi noi stessi ci siamo creati qualche problema psicologico. Abbiamo parlato di cose che si sapevano, ma che hanno solo creato un clima sbagliato. Da inseguitori abbiamo avuto tante difficoltà”

Il bilancio personale. “Quando il mio agente mi disse che saremmo andati a Benevento non pensavo di ricevere tanti attestati di stima, ne sono contento. Ho giocato molto, anche se per sostituire i miei compagni infortunati. Mi sono adattato a tanti ruoli, dando sempre la priorità a quello che serviva alla squadra. Spero che da fuori si sia visto l’impegno e la serietà”. Il rapporto coi tifosi è stato sempre improntato alla schiettezza: “Se devo fare una critica ai tifosi dico solo che una parte di loro è troppo pessimista. Mi rendo conto delle esperienze passate, ma non si può dire ancora prima di giocare: “… tanto la B non la faremo mai…” o “… i play off? Li perderemo un’altra volta…”. Mi entravano in un orecchio e mi uscivano dall’altro, ma qualcosa dentro ti resta…”. Il futuro però lo vedrebbe ancora in giallorosso: “Mi sono trovato bene, la gente ha apprezzato il mio modo di essere e io il loro. Nella vita uno spera di poter sempre migliorare, io speravo di farlo col Benevento e francamente ancora penso di poterlo fare nel prossimo campionato. Ma questo non dipende da me. Dopo l’annuncio del presidente, non lo nego ci siamo guardati intorno, ma sono convinto che in terza serie non ci sia nulla di meglio del Benevento. E spero tanto di poter ripartire da qui”. Ripartire da dove…? “La cosa più importante è che si ricompattino le due parti di tifoseria e poi che sia la squadra stessa a riavvicinarsi alla gente. L’unità di intenti è il primo punto nella ricostruzione, d’altro canto sono convinto che per la categoria Benevento abbia un pubblico decisamente importante. Se si deve ricominciare credo che occorra fare parecchi passi avanti in ogni componente”.

Franco Santo