«La ricerca in Italia è morta». Il grido dei precari del Cnr

Celebrato il funerale in piazza Plebiscito. Storie di dottori di ricerca precari anche da 20 anni

Napoli.  

 

di Simonetta Ieppariello

Effetto perverso delle riforme in serie: la stabilizzazione negli Atenei, solo per citare un esempio, è una chimera. C’è chi è precario da dieci anni. Altri addirittura da venti. Inizia l’estate calda dei precari degli enti pubblici di ricerca. Tra i circa 10mila lavoratori a termine, con punte di anzianità ventennali, circola un pensiero: “Ora o mai più”. Ieri la rivolta in occasione della manifestazione “Futuro Remoto”.

Sul titolo stesso dell’iniziativa scherza, rimarcando come proprio il futuro dei ricercatori sembra sempre più remoto. Dopo le stabilizzazioni dell’Istituto superiore di sanità (Iss) e di quello di statistica (Istat), ricercatori e tecnici, che convivono da anni con il contratto in scadenza in tutta Italia, sperano 

"Si è spenta nell'indifferenza delle istituzioni la ricerca italiana. Ne danno il triste annuncio i lavoratori precari del Cnr". Recita l’adagio del manifesto mortuario che hanno mostrato in piazza i ricercatori esasperati, stamchi dopo anni di gavetta. Una gavetta senza fine.

Clamorosa la protesta in piazza del Plebiscit. In occasione dell'inaugurazione di Futuro Remoto, iniziativa a promossa da Città della Scienza, i manifestanti hanno intonato cori contro il precariato. Anni di lavoro svolti in bilico, tra rinnovi altalenanti e proroghe. 

E' arrivata la solidarietà del primo cittadino di Napoli, Luigi De Magistris.

«Condivido la protesta perché non si investe adeguatamente sulla ricerca» ha detto. Il primo cittadino ha incontrato personalmente i lavoratori per ascoltare le loro difficoltà e tentare di trovare insieme un percorso comune e soprattutto una soluzione per un settore così importante (lo dicono tutti, ma nessuno muove un dito).

«L'articolo 9 della Costituzione è disatteso, come tanti altri articoli - ha affermato -. Ricerca significa lavoro per i ricercatori, prospettive di futuro compatibile con l'ambiente, con l'uomo. Se non c'è ricerca non ci sarà futuro». Ci sarà una manifestazione per dare forza alla rivolta. 

«Condivido la loro lotta - ha sottolineato - e abbiamo deciso insieme di fare una iniziativa entro l'estate, magari in piazza, per sottolineare come nel Mezzogiorno ci sia tanta voglia di lavoro e lotta alla precarietà».

I numeri parlano di una situazione di generale instabilità in un comparto che, in tutti gli altri Paesi, è invece privilegiato. La ricerca, spiegano in corteo, è l’unico futuro possibile. Sono molti, fanno sapere dal comitato organizzatore: 4500, di questi circa un terzo, 1500, sono a tempo determinato, il resto sono tutti assegnisti. 

Intanto, proprio in questi giorni, si sta discutendo in parlamento la approvazione del Decreto Madia. Un decreto che riordina la pubblica amministrazione. In quel testo unico, già approvato dal Consiglio dei ministri il 23 febbraio scorso, vi è una norma che prevede la stabilizzazione dei precari. Purtroppo tutto viene rimandato all'utilizzo dei fondi del piano di fabbisogno. Ma il Cnr non ha adeguate risorse per poter stabilizzare tutti i suoi precari.

"Il governo sta uccidendo la ricerca pubblica”, spiega una ricercatrice esasperata da anni di precariato e scarsezza di fondi. SI tratta di personale altamente qualificato (medici, veterinari, biologi, ingegneri, fisici, chimici, agronomi, ecc), che fornisce un contributo fondamentale per la collocazione della Ricerca sanitaria italiana ai primi posti delle classifiche mondiali, nonostante le quote del Pil investite in ricerca siano notevolmente inferiori alla media Ocse. Rappresentano il presente e il futuro della Ricerca sanitaria in Italia ma il loro avvenire è caratterizzato da una perenne incertezza. Da troppi anni questi lavoratori sono tenuti fuori da un percorso di stabilizzazione.