Istigò Arianna a suicidarsi, fidanzato a processo

La decisione del Gup

Mario avrebbe picchiato Arianna «in privato ma spesso anche in pubblico» e «alla presenza di amici la umiliava e la offendeva».

Napoli.  

 

di Simonetta Ieppariello

Quando si lasciò cadere nel vuoto, lanciandosi dal balcone al quarto pianto della sua casa in via Montedonzelli, lo fece esasperata e istigata dal fidanzato, al culmine dell’ennesima lite con il suo fidanzato, esasperata da liti, offese e vessazioni.  La vicenda è quella che quasi due anni fa sconvolse il quartiere Arenella. Era il 19 agosto del 2015 quando Arianna Flagiello si lanciò dal quarto pianto. Pesanti accuse di maltrattamenti e istigazione al suicidio per il fidanzato. Per gli inquirenti, calci, pizzichi, buffetti, tirate di capelli sarebbero stati i gesti con cui Mario sistematicamente maltrattava Arianna. «La picchiava - si legge nel capo di imputazione - in privato, ma spesso anche in pubblico e alla presenza di amici, la umiliava e la offendeva, anche con condotte aggressive fino a ridurla in uno stato di soggezione completa».

E tutto, secondo l'accusa, per tenerla sotto il proprio giogo e ottenere soldi. Il 33enne del Vomero, è stato rinviato a giudizio nel processo e dovrà chiarire le cause della morte della sua fidanzata, Arianna Flagiello. Tra un mese partirà il processo. Lui nega a tutto e si dichiara innocente e pronto a dimostrarlo. Il Gup vuole un approfondimento in sede dibattimentale. Vuole vederci chiaro. Dal 19 aprile tutto sarà al vaglio dei giudici della terza sezione della Corte d’Assise. I genitori di Arianna, Nello e Angiola, e la sorella Valentina saranno parte civile, rappresentati dagli avvocati Pasquale Coppola e Marco Imbimbo. A sostenerli ci sarà anche l’associazione «Salute donna» rappresentata dall’avvocato Giovanna Cacciapuoti. 

LA STORIA: L'inchiesta si concentra sul 19 agosto di un anno fa, il giorno del suicidio. Arianna e Mario convivevano da circa due anni dopo dieci di fidanzamento. Lei aveva un lavoro e uno stipendio (era impiegata nell'amministrazione di una nota casa editrice napoletana), Mario solo lavori precari. Quel giorno Arianna si allontanò dall'ufficio dicendo che sarebbe rientrata presto e tornò a casa.  Tornò a casa, a sua madre parè confidò di essere preoccupata. Temeva che il suo compagno si sarebbe arrabbiato perchè non aveva trovato i soldi sul conto. Poi i vicini, ascoltati dagli investigatori, avrebbero detto di aver sentito grida da quell'appartamento. 

Nel capo di imputazione si fa riferimento a quell’ultima lite tra i due, con Arianna che avrebbe urlato «Mario, se con- tinui così mi butto dal balcone» e lui che avrebbe risposto «Stavolta non ti butti tu, ti butto io». Di qui l’ipotesi di istigazione al suicidio. Il 33enne vomerese respinge fermamente. La sua difesa (avvocati Gandolfo Geraci e Sergio Pisani) la contestano anche in punto di diritto, ritenendo che manchi l’elemento della prevedibilità del suicidio che configura il reato.