Sara: mi sento più italiana di te, anche se figlia di ucraini

Ius Soli. E' nata in Italia. Come lei altri 3mila adolescenti di Salerno, Avellino e Benevento.

Con il progetto di legge in discussione al Senato avrebbe diritto alla cittadinanza italiana. In caso contrario, cos'è Sara, che non conosce una parola d'ucraino?

di Luciano Trapanese

Sara ha 15 anni, è bionda, carina, e parla con un deciso accento salernitano. E' nata ad Avellino, poi si è trasferita a Salerno. Non ha mai lasciato l'Italia. Ma è figlia di una coppia di ucraini. E' una delle ragazze che potrebbero usufruire dello Ius Soli per avere la cittadinanza italiana.

«Ma se non sono italiana, sai dirmi cosa sono? Non conosco l'ucraino, hanno tentato di insegnarmelo: ma è stato inutile. Con il cirillico ho seri problemi. Non sono mai stata in Ucraina, la mia famiglia viene da una zona dove c'è la guerra. E non ho nessuna intenzione di andarci. I nonni sono morti: lì non ho più nulla. Non ho ricordi. Non so niente. Sono italiana, proprio come la mia compagna di banco. O no?».

Sara non è sola. Nelle sole province di Avellino, Benevento e Salerno sono residenti – con regolare permesso di soggiorno – più di 20mila ucraini. Almeno tremila sono adolescenti. Molti sono nati qui. Altri sono arrivati quando erano bambini.

Oggi avreste difficoltà a dire che non sono italiani.

«Sì, si sentono italiani a tutti gli effetti», dichiara Ocsana Bybliv, direttrice della scuola “Radici”. Una scuola che tenta appunto di salvare le radici di questi ragazzi, il legame con l'Ucraina, con il Paese dei loro genitori.

«Ma non è semplice. Quasi tutti non conoscono la lingua dei loro antenati. In classe dovrebbero sforzarsi di parlare solo in ucraino. E invece, quando scherzano tra loro, si esprimono sempre in italiano. Per non parlare poi dell'alfabeto. Con il cirillico si confondono spesso...».

«Ho un fratello più piccolo – continua Sara -. Naturalmente anche lui è nato in Italia. Dell'Ucraina ne sa meno di me. In compenso conosce tutte le battute di Totò».

Come saprete sullo Ius Soli – che riguarda soprattutto ragazzi come Sara – si è innescato un feroce dibattito (è un eufemismo). In gioco ci sarebbe “l'italianità” del nostro Paese. Una questione – diciamo – etnica. La salvaguardia delle nostre radici. Ritenete che Sara o altri giovani come lei la mettano a repentaglio, la nostra italianità? Ma il punto è un altro: Sara – è il nostro esempio – se non è italiana, cos'è?

Ma cosa dice il disegno di legge (perché molti lo criticano a prescindere, senza conoscerne i contenuti)...

Lo Ius Soli prevede la concessione della cittadinanza italiana in due casi.

Il primo: nei confronti di chi è nato in Italia da genitori stranieri, dei quali – però -, uno almeno sia titolare del diritto di soggiorno permanente e che abbia soggiornato legalmente e in modo continuativo almeno cinque anni nel nostro Paese.

Il secondo: nei confronti di un minore straniero nato in Italia o che vi abbia fatto ingresso prima dei dodici anni, e abbia frequentato regolarmente per almeno cinque anni le nostre scuole.

Insomma, non basta “nascere in Italia”, come ripetono in molti. La normativa è molto più stringente.

Sostituisce lo Ius Sanguinis. La cittadinanza italiana concessa solo a figli di italiani. Che era una norma introdotta quando il nostro Paese era terra di massiccia emigrazione, e serviva per mantenere un legame con i connazionali che andavano all'estero.

Lo Ius Soli serve a sanare la posizione di tanti ragazzi nati e cresciuti in Italia. Del resto basta andare nelle scuole pubbliche per rendersi conto di quanti bambini cresciuti qui, con amici italiani, cultura italiana e spesso senza nessun contatto con le proprie origini, rischiano di ritrovarsi apolidi senza l'applicazione di una normativa come quella in discussione al Senato.

Non solo Sara, ma tanti come lei. Ucraini e non solo.