Immigrati, meno sbarchi in Italia: ora tutti in Spagna

Drastico calo di arrivi dalla Libia. Merito anche degli accordi con Niger, Nigeria, Etiopia e Mali

Le autorità spagnole in difficoltà. Ora sbarcano cinque, seicento migranti al giorno. Più che in Italia. E molto più che in Grecia.

di Luciano Trapanese

Calano gli sbarchi di migranti in Italia e aumentano quelli sulle coste spagnole. Gli immigrati affrontano lo stretto di Gibilterra, il punto più a sud della costa europea. I numeri non sono a livello italiano. Dodicimila sbarchi contro più di centomila dall'inizio dell'anno. Non è ancora un'emergenza. Ma negli ultimi giorni si viaggia ad un ritmo di cinque, seicento profughi salvati in mare dalla guardia costiera spagnola e dalle Ong (e sì, ci sono anche lì). Più che nella nostra Penisola. Molto più che in Grecia.

Tappi una falla, se ne apre un'altra. Molti arrivano dal Marocco, ma anche dal Ghana, dal Gambia. E in Spagna – una nazione appena segnata dal terrorismo -, cresce inevitabile una certa apprensione. Gli operatori sostengono di «non avere al momento i mezzi e gli strumenti per affrontare una situazione che è mutata all'improvviso».

Ma perché sono diminuiti gli sbarchi in Italia? Davvero è tutto merito dell'accordo siglato con Al Serraj in Libia o dal codice di comportamento imposto alle Ong?

Il primo punto è probabile. Anche perché la stessa guardia costiera libica ha fermato e costretto al rientro numerose imbarcazioni cariche di immigrati. Ma non solo, si è anche intensificato il contrasto ai trafficanti di uomini.

Sui limiti alle Ong, forse la storia è un po' diversa. Anche perché la diminuzione degli sbarchi è iniziata ben prima dell'introduzione del codice.

Ma c'è anche molto altro. E su questo potrebbe avere un peso anche l'opera di mediazioni avviata da due anni dal governo italiano (e sì, qualcosa ha fatto...). Due anni direte, beh la diplomazia a livello internazionale, e soprattutto in Paesi non proprio tranquilli, esige i suoi tempi.

Prima di tutto c'è stato un accordo – dietro incentivi – con tutti i sindaci del Fezzan, in Libia, per intensificare i controlli ai confini.

E poi: accordi con il Niger e la Nigeria (aiuti economici in cambio di un maggior presidio alle frontiere). E altri patti, stipulati questa volta dall'Unione europea, con Etiopia, Mali e Senegal.

Sono stati dunque coinvolte le Nazioni da dove è più intensa la migrazione, ma soprattutto da dove è necessario passare per raggiungere la Libia e imbarcarsi per l'Italia.

Tutte operazioni importanti, ma che sono passate quasi sotto silenzio. Sporadici articoli, riportati con enfasi molto minore di un qualsiasi sbarco...

Lo stesso governo – che ne è poi stato artefice, soprattutto con il ministro Marco Minniti – non ha evidenziato questi successi. O lo ha fatto molto meno del famigerato codice alle Ong. Una scelta – come dire – bizzarra.

Il calo degli sbarchi può anche essere causato dalla diminuzione dell'afflusso di migranti in Libia, intimoriti dalla crescente difficoltà di partire e dal pericolo di finire nei campi di accoglienza, dove si continuano a registrare stupri e violenze.

Anche per questo si è riaperta la rotta iberica via Marocco. Quanto durerà è complicato dirlo. Anche se è difficile dimenticare la frase raccolta da un giornalista del Guardian proprio sulla costa a due passi da Gibiliterra. A pronunciarla un giovane in fuga dal Marocco (uno dei Paesi africani messi meglio - o meno peggio – economicamente): «Preferisco morire che rimanere lì». E lì, indicandolo, c'era il suo Paese. In Africa.