24 Ore

E' finita l'era dei concerti gratis

La Regione non ha soldi. Bisogna autofinanziarsi. Ma gli amministratori hanno poche pessime idee

E' ora di cambiare approccio con i concerti d'estate. La stagione del tutto gratis sembra giunta al capolinea. La Regione non è disposta – ormai da tempo – a sborsare soldi per feste e festicciole, sagre e parasagre. Almeno non alle stesse condizioni di qualche anno fa. Diciamo la verità: era tutto troppo facile. Da Palazzo Santa Lucia ti arrivavano 70mila euro, pagavi il cantante di grido (meglio se ultra popolare), riempivi la piazza e ti beavi del “successo senza precedenti”. Non proprio una genialata.

Ora che i soldi non ci sono – o sono pochi – è necessario mettere in campo capacità vere. Organizzative, imprenditoriali, creative. E si impone un cambio radicale nella concezione delle “feste di piazza”. L'obiettivo è l'autofinanziamento.

Non è facile. Non tutti gli amministratori saranno capaci di farlo. Serve competenza e impegno. La competenza si può trovare all'esterno. Sull'impegno ci permettiamo di avere qualche dubbio. Soprattutto bisogna metterci la faccia: proporre un evento a pagamento (anche a prezzi molto popolari), non assicura il successo del tutto gratis.

Ma facciamo un esempio (è solo un esempio, non una proposta): se invece della pur brava Giusy Ferreri – che è costata più di 30mila euro -, l'amministrazione di Avellino avesse organizzato (trovando una formula che lo consentiva), un concerto con i Negramaro (un nome a caso), nello stadio Partenio o in qualsiasi altro adeguato spazio comunale, con un biglietto tra i 15 e i 20 euro, non avrebbe offerto forse alla città – e ai tanti appassionati dell'Irpinia e delle province vicine – l'occasione di assistere a una esibizione più importante e in caso di successo non rimettendoci denaro? Oltretutto il comune avrebbe potuto anche essere solo partner dell'evento e altri soldi sarebbero arrivati da eventuali sponsorizzazioni. Senza contare che lo spettacolo avrebbe anche attirato in città migliaia di spettatori con prevedibili vantaggi per i commercianti.

E' solo un esempio, lo ripetiamo. L'avvio di un ragionamento possibile. Con i soldi pagati alla Ferreri una buona amministrazione sarebbe stata capace di finanziare – invece - un intero cartellone estivo ricco di piccoli eventi (favorendo la crescita di tante realtà locali).

Un discorso che vale – naturalmente – non solo per Avellino.

La cultura, lo spettacolo, sono stati per anni concepiti – grazie ai fondi facili – come “regalo al popolo”. Un sistema – in molti casi – legato anche alle clientele: ti faccio arrivare questi soldi tu mi garantisci l'appoggio alle elezioni. E naturalmente allo spreco di risorse pubbliche. Un metodo che di fatto non ha creato un virtuoso circuito economico, e sempre per l'incapacità di pensare oltre. L'unico obiettivo è stato solo e soltanto l'accaparramento dei finanziamenti. Finiti i fondi sono finite anche tante manifestazioni. E altre si reggono esclusivamente in base a quello che fa la Regione. Ma non c'è prospettiva. Non c'è progetto. O ci pagano, o non si fa.

Riteniamo da sempre che la cultura, lo spettacolo, possano anche rappresentare una possibile fonte di introiti. E non solo una spesa.

Il mese scorso a Villa di Marzo, centro di Avellino, dei privati hanno organizzato il concerto di Mick Harvey (musicista che ha suonato con il ben più noto Nick Cave). Prezzo del biglietto: dieci euro. Era possibile anche bere vino e mangiare. Costi ampiamente coperti.

Questo per dire che anche eventi di nicchia hanno la possibilità di autofinanziarsi. Figurarsi eventi più popolari. Basta immaginarli e lavorarci sopra.

Ma le amministrazioni ne sono capaci?

Altro esempio, questa volta un concerto gratis. Nicola Piovani all'abbazia del Loreto. Grande artista, splendido scenario. Mille persone in un posto che ne poteva contenere molte meno. Confusione, bimbi in lacrime, gente distratta, qualche tensione di troppo, corsa all'occupazione militare dei posti a sedere. Con un biglietto (sempre 10, 20 euro), avremmo avuto cinquecento persone interessate e la parziale copertura dei costi. Non era meglio?

E poi, prendendo spunto da quanto accade nel resto d'Europa – è sempre un altro esempio -, perchè non organizzare anche nei meravigliosi scenari irpini o sanniti una tre giorni di musica all'aperto (con un consorzio di comuni impegnati)? Altrove vengono allestiti campeggi per favorire l'arrivo di giovani – ma non solo – da tutto il continente. Con prezzi che variano – tra camping e spettacoli – tra 150 e 200 euro. I gruppi invitati non hanno costi impegnativi, ma si assicura un evento che per tre giorni mette queste province al centro, facendole uscire da un assurdo – in tempi globali – isolamento.

Sono solo spunti. Niente di più. Ma avviare una discussione su questo tema pensiamo sia importante. In questi territori ci sono energie, competenze e creatività adeguate per realizzare tutto questo (o molto altro). Le amministrazioni comunali potrebbero lavorare su questo fronte e smetterla di aspettarsi l'elemosina regionale per dare in pasto al popolo il primo nome che capita (o quello che – con il taglio dei fondi – è possibile permettersi).

Tanti tentativi ci sono già stati. Alcuni ottimi, altri meno. Ma sempre troppo legati ai soldi regionali. Serve un cambio radicale. E la risposta deve partire dal basso. Crediamo – purtroppo – sia inutile aspettarsi qualcosa da chi amministra soldi (sempre meno), ma non coltiva idee.

Luciano Trapanese