24 Ore

Avellino, le mani della camorra sul commercio

Cambia la geografia dei clan in Irpinia. E anche i sistemi. Che spazzano via l'economia legale

Qualcosa ribolle nella frastagliata e sotterranea galassia della criminalità organizzata in Irpinia. L'impressione – suffragata da piccoli episodi osservati con attenzione dagli investigatori – confermerebbe una trasformazione in atto. Equilibri che si spostano. E vecchi boss, in cella da anni, che il tempo e la prigione stanno irrimediabilmente mettendo fuori gioco.

Nel Vallo Lauro l'odio tribale che ha alimentato per decenni la faida tra Cava e Graziano sembra stemperato. I capi sono in cella. La sete di vendetta non è più così dirompente. E probabilmente anche la forza intimidatrice delle due “famiglie” non è più quella di una volta.

Mancano i riferimenti, probabilmente sono saltate o allentate vecchie alleanze con i clan nolani (Cava con i Fabbrocino). In Valle Caudina si sente meno la pressione del clan Pagnozzi – De Paola. Anche in quel caso i tanti arresti hanno inciso. Gruppo decimato e inevitabilmente forza intimidatrice in calo.

Ma sia nel Vallo che in Caudina è difficile, in questo momento, ridisegnare la geografia criminale. O stabilire se le vecchie famiglie sono davvero allo sbando o – semplicemente – si stanno lentamente riorganizzando e, soprattutto, riallacciando le indispensabili alleanze con organizzazioni del Nolano o del Casertano. Alleanze che in molti casi sono storiche e, come per i Cava e i Graziano, risalgono alla guerra di camorra che oppose la Nco di Raffaele Cutolo alla Nuova famiglia di Alfieri, Galasso e Fabbrocino. Invece i Pagnozzi hanno da sempre vincoli con le fazioni criminali di Casal di Principe.

Di certo le recenti intimidazioni nei confronti del sindaco di Quindici e di alcuni imprenditori, segnalano una piccola recrudescenza. O il tentativo di imporre il “rispetto” di certe consuetudini.

La situazione viene definita “fluida”, proprio per questo potenzialmente pericolosa. E se davvero siamo nella fase della riorganizzazione, beh, allora sarà importante, fondamentale, con una espressione che non ci piace ma che risponde alla verità, “non abbassare la guardia”. E impedire che il vecchio e incontrastato potere camorristico di quei clan torni a splendere. Potere che per anni – soprattutto per mano dei Cava – si è esteso anche sulla città di Avellino e nell'immediato hinterland. Ma, appunto, cosa accade nel capoluogo irpino.? Cosa è successo dopo la debacle del clan Partenio, il gruppo criminale che nei primi anni del nuovo millennio, e sotto la guida dei cugini Modestino e Amedeo Genovese, ha seminato morte e terrore tra Mercogliano, Monteforte, Serino e la Valle dell'Irno? C'è un silenzio, una calma piatta, che insospettisce più di un investigatore. E piccoli segnali che sono invece molto preoccupanti. Molti affiliati del gruppo Genovese sono liberi. E costantemente tenuti sotto stretta osservazione. Ma a questi personaggi si è anche affiancata una nuova generazione criminale.

Il sospetto è sempre quello di trovarsi di fronte a una camorra 2.0. Che non spara, non estorce in modo tradizionale. Ma impone merci, investe nel commercio (ristorazione?), e diventa banca (a usura). Una criminalità difficile da arginare. Che non fa rumore. Ma è letale.

Date uno sguardo al commercio cittadino. Alla sua lenta e totale disintegrazione. E chiedetevi se davvero può essere solo colpa della crisi.

Luciano Trapanese