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Piazza Libertà è il fallimento di un sogno: cambiare Avellino

Segna la fine definitiva della “Città giardino”. Doveva essere quello che non sarà mai.

Avellino è la città delle occasioni mancate. C'è stata la possibilità di svoltare, di ridisegnare la storia nel solco del passato e guardando al futuro. Quella possibilità è sfumata. Per errori grossolani, superficialità. O semplicemente per amministrazioni che hanno governato sempre peggio.

Avellino avrebbe potuto avere una immagine definita, una “carattere” distintivo rispetto ad altri centri della Campania, ridiventare il fulcro vero della fascia appenninica meridionale. Ma tutto questo non è accaduto. Per tanti motivi. E per decenni di orrori che ne hanno minato ogni progetto.

I nodi sono molti, da piazza Libertà, all'area Ni01(tra via Tagliamento e Valle, che doveva prevedere autostazione, torri, edilizia di qualità e servizi, liberando il centro).

Il sindaco Di Nunno aveva una visione di Avellino, sintetizzata nella definizione di “città giardino”. Un capoluogo dove convivevano in armonia il centro con i servizi e la periferia, vivibile e moderno, ma attento alla sua storia, ricco di verde, come deve essere un centro urbano nel cuore degli Appennini.

Il Puc redatto da Cagnardi aveva nel complesso rispettato queste ambizioni. C'erano sì stati errori, qualche valutazione non si era rivelata corretta. Ma il progetto c'era. E Avellino era in corsa, così come Salerno, dove proprio in quegli anni si stava dando il là alla rivoluzione urbanistica, in stile Barcellona, fortemente voluta da De Luca.

Per grandi linee: piazza Libertà pedonale grazie al tunnel e ai parcheggi sotterranei, in continuità con il Corso a unire l'intero centro storico, fino a piazza Duomo e oltre, fino a piazza Castello e il teatro, la zona della cultura per concludere il percorso a Parco Santo Spirito, una delle aree di verde urbano. Dalla parte opposta i servizi, concentrati intono all'autostazione, per dare respiro al centro.

E' una sintesi molto parziale, solo una fotografia di quello che doveva essere e non sarà. Forse mai.

L'emblema di questo fallimento è piazza Libertà. Si immaginava l'area completamente pedonale, ma non sarà possibile. Il progetto del tunnel non ha tenuto conto di troppi fattori, si è ridotto talmente tanto che ora – di fatto – serve a ben poco. Il parcheggio sotterraneo, che avrebbe liberato il centro dalle auto non si farà. Resta il Corso pedonale, ma anche lì il progetto redatto a pezzi non lo ha trasformato in quello che doveva essere. E non confluendo in una piazza senz'auto ha perso parte del potenziale.

La rivoluzione annunciata è diventata un semplice restyling di piazza Libertà. Ma anche qui è mancata la forza, il coraggio, forse la capacità di dare al centro del centro della città, una fisionomia precisa, forte, caratterizzante. Il concorso di idee, al quale si erano iscritti centinaia di professionisti, aveva partorito alcuni progetti di estremo interesse. Che contenevano in sé una concezione precisa di quello spazio, lo rendevano vivo, perfettamente in armonia con il resto della città e con quello che la piazza doveva rappresentare. Anche rispettandone le caratteristiche del passato.

Il sindaco Foti ha fatto a pezzi quei progetti. E affidato il compito di ridisegnare quell'area all'ufficio tecnico. Ne è venuto fuori quello che state vedendo. Una piazza nuova, secondo noi né bella, né brutta. Un pot-pourri di soluzioni diverse. L'occasione mancata – l'ennesima – di dare una caratterizzazione forte a uno delle zone più importanti del reticolo urbano avellinese.

Su tutto il resto meglio stendere un velo. L'area Ni01 è un discorso aperto sul vuoto, piazza Castello è sotto sequestro, il tunnel un buco che porta poco lontano. La città di Di Nunno non vedrà mai la luce.

I suoi successori, Galasso e Foti, per motivi diversi e con diversi gradi di responsabilità, quel progetto non sono riusciti a portarlo avanti. La rivoluzione (anche con il sistema della perequazione), è stato boicottato, pure per difendere forti interessi economici. Intorno al Puc si fanno chiacchiere e poco costrutto. Ma il futuro di Avellino passava proprio da lì, dal sogno dinunniano di una città che trasformandosi ritrovava se stessa e una sua precisa funzione nella regione. E' andata diversamente, decisamente peggio.

Un'occasione mancata. Forse la più importante.

di Luciano Trapanese