24 Ore

Da furbetti del cartellino a disoccupati. Cosa ne pensate?

I truffatori del badge prossimi al licenziamento. Ad Avellino, come a Salerno e in Campania.

Da intoccabili a licenziati in tronco. E' davvero la fine di un malcostume che sfocia nell'illecito?

 

di Luciano Trapanese

Ora tutti si sorprendono. Soprattutto loro, i furbetti del cartellino presi con le mani nella marmellata. O più precisamente a timbrare e andarsene a zonzo o a timbrare per sé e molti altri. Si sorprendono perché lo spettro del licenziamento è dietro l'angolo. Così come la richiesta di rinvio a giudizio per truffa ai danni dello Stato. Cadono dal pero, come si dice. Convinti che il loro era solo malcostume, una pratica scorretta, ma non così grave. Trentatré indagati ad Avellino, centinaia a Salerno, diverse decine sparsi nel resto della Campania. E quasi tutti impiegati, dirigenti o medici della sanità pubblica. Ora, è probabile che la posizione di qualcuno si possa chiarire (sempre che non sia stato immortalato dalle telecamere), ma gli altri? Come sostenere che non hanno imbrogliato, che non hanno raggirato le regole della decenza e della correttezza sul posto di lavoro? O ritengono – da impiegati statali – che non ci siano i presupposti legali necessari per arrivare al licenziamento?

Una cosa è certa. Se invece di lavorare in un ufficio pubblico avessero svolto un impiego in una azienda privata, ora non staremmo qui a discutere: non ci sarebbe neppure notizia. Il licenziamento per “giusta causa” sarebbe stato immediato. Non avrebbe suscitato clamore. E non solo: l'impiegato infedele colto in flagranza (ci riferiamo a quelli ripresi dalle videocamere), non avrebbe neppure protestato.

Ma del resto, l'atteggiamento e la sfacciataggine di quanti timbrano e poi vanno a farsi un giro può essere motivato solo con la consapevolezza di sentirsi intoccabili. Protetti da una arzigogolata normativa che di fatto ha messo al riparto per decenni gli impiegati pubblici da qualsiasi rischio. Sono rimasti al loro posto anche quelli processati e condannati per corruzione, concussione o abusi d'ufficio. Magari sono stati solo trasferiti altrove o non hanno goduto di qualche scatto di carriera. Insomma, non proprio una punizione esemplare. Anzi, sono stati proprio alcuni casi clamorosi a far crescere la convinzione che quel posto fisso era fisso a prescindere: si poteva andare al lavoro, restare a casa con qualche certificato medico di comodo, o recarsi in ufficio solo per timbrare e poi andare a spasso. Tanto, pensavano, non può accaderci nulla. Sbagliato.

In molti ritengono questi continui controlli, queste inchieste della magistratura e le drastiche scelte delle amministrazioni, una crociata contro il pubblico impiego. Non è così. In tanti lavorano, e anche in condizioni difficili (in molti uffici manca tutto, anche la carta). Crediamo che loro, quelli che non hanno mai imbrogliato davanti al badge, che non inventano scuse per assentarsi di continuo, che non si danno malati un giorno sì e l'altro forse, ebbene loro, non possono che sentirsi tutelati da questa attenzione giudiziaria e mediatica. Non è una crociata e neppure un accanimento. Ma serve a modificare un andazzo, a imporre atteggiamenti corretti laddove qualcuno aveva pensato di poter fare il proprio comodo. E anche a far capire che occupano un posto fisso, ma non è fisso per sempre. Nonostante tutto.

Voi cosa ne pensate?