Cinghiali: ok alla caccia selettiva. La Regione dice sì

Accolta la proposta di Coldiretti: gli ungulati sono troppi e potranno essere cacciati

 

Via libera al programma di prelievo selettivo nelle aree “non vocate” della Campania. La Giunta regionale, guidata dal presidente De Luca, ha accolto la richiesta che Coldiretti Campania aveva presentato agli inizi di agosto. Nella Delibera si annotano l’elaborazione del CRIUV - Centro Regionale per l’Igiene Urbana Veterinaria e il parere favorevole dall’ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

 

Nonostante il buon lavoro di analisi sulla gestione del cinghiale e sugli aspetti sanitari – sostiene Coldiretti Campania – la specie continua ad essere un problema in molti territori della regione. Le richieste di risarcimento danni hanno assunto proporzioni tali da divenire insostenibili. Sono centinaia le aziende agricole che rischiano di veder compromessi i raccolti a causa della sovrappopolazione di cinghiali. Senza parlare degli incidenti stradali e del rischio che comportano per l’incolumità delle persone. Tanto è vero che nell’intera regione i danni causati da questa specie superano di 2 milioni di euro l’anno e continuano a crescere. Risorse che potrebbero essere usate per innovazione e competitività.

 

La caccia di selezione – così come richiesta da Coldiretti Campania – è un metodo già adottato in tutte le regioni limitrofe: Lazio, Basilicata, Molise e Calabria. Con il via libera della Giunta, la Regione attraverso i suoi Uffici Territoriali e gli Ambiti Territoriali di Caccia, autorizza il prelievo selettivo come azione di contrasto alla diffusione della specie. La caccia selettiva è possibile dal 2012 ed è inserita nel calendario venatorio, con la presenza di cacciatori di selezione in tutte le province campane.

 

L’esperienza condotta in altre regioni mostra come la caccia di selezione, se ben organizzata, è un valido aiuto per limitare i danni del cinghiale nelle aree critiche. Non solo, ma essa può essere praticata tutto l’anno e non ha impatti sulle altre specie, a differenza della fauna selvatica fuori controllo che crea uno squilibrio nell’ecosistema. Il cinghiale nelle aree agricole del casertano, nel salernitano, nell’avellinese e nel beneventano è diventato un problema con il quale confrontarsi per chi voglia fare attività agricola. L’eccessiva presenza di selvatici rappresenta un rischio – evidenzia la Coldiretti – per l’agroalimentare italiano visto che proprio nei piccoli comuni sotto i 5mila abitanti si concentra il 92% delle produzioni tipiche nazionali secondo lo studio Coldiretti/Symbola. In Campania 7 produzioni Dop e Igp su 10 coinvolgono il territorio dei 338 piccoli comuni della regione, che ha anche il primato italiano per i prodotti agroalimentari tradizionali (PAT), con ben 531 “bandiere del gusto”, che spesso prendono il nome dal piccolo Comune o dalla frazione dove sono nate. Un tesoro messo a rischio dall’avanzata dei cinghiali che sempre più spesso in queste aree si spingono fin dentro i cortili e sugli usci delle case, scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole.