Eduardo: È stata tutta una vita di sacrifici e di gelo

L’ultimo discorso del genio del teatro, un testamento culturale e umano.

eduardo e stata tutta una vita di sacrifici e di gelo

Ci sono persone che con la loro arte, con la loro vita e con il loro talento superano il tempo, rompendo quel naturale scorrere che seppellisce ogni cosa e ogni persona. Ci sono artisti che con la loro arte, con la loro profondità e con il loro sguardo fermano il mondo, cristallizzano per sempre la cultura, rendendo il loro nome un suono che identifica un’intera arte. 
Eduardo De Filippo è stato uno dei geni della storia dell’umanità. La sua capacità di raccontare il mondo, di dar voce al popolare e di trovare nel vissuto quotidiano una profondità universale, lo ha reso uno dei pochi della storia per il quale basta il nome. 
E infatti basta dire Eduardo e ci si ricollega in maniera naturale al teatro. Nelle sue 55 commedie c’è la genialità, l’attualità perenne, la tecnica perfetta. Nelle sue opere c’è quella capacità tutta napoletana di essere passaggio, di essere porta che viene attraversata continuamente e che viene contaminata e che contamina contemporaneamente. Nel suo teatro vive un mondo, un’Italia che sopravvive tra ingenuità, sofferenza e coraggio. Nella sua arte c’è l’idea di famiglia come luogo di sentimenti e di unione. Nelle sue opere c’è ancora oggi il nostro mondo, le nostre fobie, i nostri vizi, le nostre sofferenze e le nostre speranze. 
Eduardo il 15 settembre del 1984 nella sua ultima apparizione pubblica a Taormina e nel ritirare un premio tenne un discorso che, ancora oggi ha una forza così profonda da far commuovere e riflettere, proprio come le sue commedie. 
Poco dopo aver tenuto questo discorso, il 31 ottobre dello stesso anno Eduardo morì a Roma dove fu seppellito e quelle sue parole risuonano ancora oggi come il suo testamento culturale, politico e umano. Un discorso umanamente toccante nel quale Eduardo esprime tutto il suo amore per il teatro. 

 

“Voi sapete che io ho la nomina che sono un orso, ho un carattere spinoso, che sfuggo, sono sfuggente. Non è vero. Se io non fossi stato sfuggente, se non fossi stato un orso, se non fossi stato uno che si mette da parte, non avrei potuto scrivere 55 commedie. 
Voglio vedere anche io il teatro dalla platea! Voglio vedere anch’io il teatro che cammina! Voglio vedere anch’io il teatro che non si arrende, che va avanti con i giovani, con gli anziani, con i vecchi come me. Va avanti! 
Ecco perché io sono tra voi stasera. Fare teatro sul serio significa sacrificare una vita! 
Sono cresciuti i figli e non me ne sono accorto. Meno male che mio figlio è cresciuto bene. Questo è il dono più grosso, più importante che io ho avuto dalla natura. Senza mio figlio forse io me ne sarei andato all’altro mondo tanti anni fa e io debbo lui il resto della mia vita. Lui ha contraccambiato in pieno, scusate se faccio questo discorso e parlo di mio figlio, non ne ho mai parlato, si è presentato da se, è venuto dalla gavetta dal niente. Sotto il gelo delle mie abitudini teatrali, quando sono in palcoscenico a provare, quando ero in palcoscenico a recitare.
È  stata tutta una vita di sacrifici e di gelo! 
Così si fa il fa il teatro, così ho fatto!
Ma il cuore ha tremato sempre tutte le sere, tutte le prime rappresentazioni e l’ho pagato!
Anche stasera mi batte il cuore e continuerà a battere anche quando si sarà fermato
.”