Pd, primarie ok ma il partito è da ricostruire

I quasi due milioni al voto sono un segnale positivo, ma le difficoltà restano.

Renzi ha stravinto, come da copione. Ora però il compito diventa difficile: riconquistare il credito degli italiani. Il rischio macronite. La sfida ai 5Stelle.

di Luciano Trapanese

Beh, diciamo la verità: nessuno avrebbe previsto quasi due milioni di votanti alle primarie del Pd. Una campagna elettorale quasi impercettibile, il risultato scontato (la domanda era: Renzi vincerà con il 60 o il 70 per cento?), l'opposizione interna evaporata dopo la scissione, la delusione per l'esito disastroso del referendum, e l'appeal in discesa dell'ex premier dopo mille giorni di un governo non proprio indimenticabile: tutti gli ingredienti per un flop annunciato. Che non c'è stato.

I risultati. Pronostico rispettato (e ci mancherebbe). Matteo Renzi ha stravinto con un larghissimo 70,4 per cento. Seguito da Andrea Orlando con il 21,1 per cento. Ultimo, azzoppato in campagna elettorale da un infortunio al tendine, Michele Emiliano, con l'8,5 per cento.

Un voto per ripartire. Dire che il Partito democratico esca rinforzato dalle primarie ci sembra un azzardo. L'esempio del socialista Hamon dovrebbe consigliare prudenza: ha vinto le primarie in Francia, due milioni di elettori sono andati ai seggi. Gli stessi due milioni che lo hanno poi votato alle presidenziali. Non uno di più. Il Pd dovrebbe tentare di ripartire e ricostruirsi dopo questa consultazione. L'errore più grave sarebbe quello di crogiolarsi su un risultato positivamente inatteso (Renzi aveva dichiarato che un milione di votanti sarebbe stato un successo, evidentemente annusava il flop).

Compito difficile. Le difficoltà per Renzi iniziano ora. Sarà capace di rientrare in sintonia con gli italiani? O continuerà nella sua scontata narrazione senza però mettere sul piatto strategie, programmi, visioni e un partito radicalmente trasformato, dalla base ai vertici, capace di raccogliere il disagio e le aspettative di tanti elettori tradizionalmente vicini ai democrat?

L'impresa è titanica.

Il partito sono io. E soprattutto Renzi rinuncerà all'idea dell'uomo solo al comando (magari circondato dal suo giglio magico), aprendo invece la discussione a tutte le anime del partito (almeno quelle che non hanno scelto la dolorosa strada della scissione)?

La macronite. Da tenere a bada è anche la sindrome Macron (o meglio la banalizzazione del leader di En Marche): l'idea che per battere i populismi l'unica strada possibile, così come per il candidato francese, sia quella di esporre in ogni dove le azzurre bandiere dell'Ue.

Le domande degli italiani. Le elezioni sono lontane un anno. Non si sa neppure con quale legge elettorale saremo chiamati alle urne. Il Pd dovrebbe utilizzare questo tempo per elaborare risposte convincenti alle domande che agitano da anni gli italiani. Le questioni sul tappeto sono talmente tante e ognuna ricca di una sua insostenibile urgenza, che sarà davvero necessario un lavoro enorme.

Pericolo 5Stelle. Renzi dovrà fare i conti con un Movimento5Stelle in costante crescita. Capace – nonostante le indubbie defaillance (vedi Roma) – di catturare l'interesse di una larga fetta di popolazione (i sondaggi dicono il 30 per cento). Il velleitarismo parolaio, le promesse senza fondamento, e la mancanza di chiarezza su temi centrali (diritti del lavoro, immigrazione, emigrazione, Europa, e così via), rischiano di erodere altro consenso. Oltretutto il segretario Pd è chiamato alla difficile impresa (e questa sì è riuscita a Macron), di contrastare i populisti senza usare demagogia, ma con l'arma rara e complessa della comprensione dei problemi.

E anche questo non sarà semplice.

Nella nostra regione. In Campania il voto ha seguito il trend nazionale. Una discreta affluenza e una vittoria secca per Renzi. Dopo il disastro delle amministrative napoletane e le difficoltà palesi di molte giunte a guida Pd, non era scontato. Ma anche in questo caso, cantare vittoria è già una sconfitta. Questo risultato può essere solo una ripartenza. Nulla di più.