24 Ore

Per il dopo Foti i soliti noti: al peggio non c'è fine

L'amministrazione Foti è finita, anche senza dimissioni. Ma non cambia lo scenario

La parte migliore della città è nelle associazioni, veri luoghi della politica

Un morto che cammina. Non nel braccio della morte, ma sull'argine del Fenestrelle. E' l'immagine che per tutti ad Avellino racconta questi ultimi mesi dell'amministrazione Foti. Tra rimpasti, assessori improponibili, guerre tra bande sulle macerie di quell'ex partito che è il Pd irpino, un sindaco che annuncia la sua perenne intenzione di dimettersi anche via sms (tra un po' userà Skype e la diretta Fb), le inchieste della magistratura, i dirigenti costantemente nel mirino, un comandante dei vigili credibilmente abusivo, la malgestione delle opere pubbliche e un bilancio, il prossimo, sul quale nessuno vuole mettere la firma.

Sparare su Foti è fin troppo facile. Il tiro a bersaglio preferito dei moralizzatori di professione, quelli di panza e di penna. I pallettoni sul sindaco, sono un puro esercizio di stile. Non è l'amministrazione Foti ad essere moribonda. La notizia terribile è un'altra, e purtroppo la conoscono in tanti: il dopo Foti rischia di essere anche peggio di Foti. Cambiando i fattori il risultato non cambia. Le intelligenze vere di questa città girano al largo dai partiti e dalle stanze del potere politico. Il fuggi fuggi è iniziato qualche anno fa (dal dopo Di Nunno). Ed è continuato. Foti è figlio di questo deserto. E intorno a Foti si scorge il nulla. O almeno: nulla di così diverso da quello proposto da questa amministrazione.

La parte migliore di Avellino, quella sana, creativa, che espone e realizza idee, capace di immaginare il futuro e di muoversi al netto di personalismi e interessi si trova - e non da oggi – nelle associazioni. Centinaia di cittadini che si occupano di ambiente, solidarietà, cultura, diritti civili. Fanno a loro modo politica, quella vera. Lontano dall'opera dei pupi che devasta quel che resta dei partiti.

Una volta, sul finire del millennio scorso, quando la vita amministrativa della città si decideva a Palazzo de Peruta, in consiglio sedeva gente del calibro di Acone, Mancino, Santulli, Santoro, D'Ercole, Romano, Benigni, Cucciniello (che incarnava a pieno l'anima popolare di San Tommaso), Anzalone e così via. La crema della città. Personaggi riconoscibili, già dalla loro storia personale. E per questo credibili. Potevano sbagliare (e lo hanno anche fatto), ma nessuno poteva discutere le loro capacità. Anche di guardare oltre, seppure – e ci mancherebbe – in una logica che doveva rispondere a direttive di partito (che all'epoca non erano ancora i residuati bellici di oggi).

Oggi, guardatevi intorno, cosa c'è? Tra i nomi che già iniziano a circolare per il dopo Foti ne intravedete qualcuno capace davvero di invertire la rotta, di ridare dignità all'agire politico? O non sono tutti – anche al di là delle valutazioni sui singoli individui – piantati lì, nella stessa palude che ha inghiottito Foti e i suoi? Rappresentano spesso se stessi e le rispettive ambizioni. E come tutti ricordano, in quel fiume di candidati alle ultime amministrative (quasi ottocento), quanti erano davvero mossi dalla passione civile per il bene della città e quanti invece si giocavano la carta della “discesa in politica” solo ed esclusivamente per cercare una opportunità, anche di lavoro?

Fino a quando quello che resta degli apparati di partito non si aprirà davvero a tutto il fermento che si muove lontano dalle segreteria e non riuscirà a convogliare tutte quelle passioni mettendo da parte decenni di incrostazioni che hanno asfissiato anche le migliori iniziative, ebbene, fino ad allora, discutere del dopo Foti come se fosse una cosa seria è del tutto irrilevante. Come si può confidare in una rinascita affidando le speranze alle stesse persone, circondate dalla stessa identica classe dirigente e dagli stessi partiti che hanno contribuito a devastare l'esperienza Foti?

Anche perchè non basta un nome. Sarebbe semplice. Serve molto altro. E quel molto altro c'è, lo sappiamo. Ma in tanti hanno bisogno di tornare a credere che Palazzo di Città sia davvero un laboratorio di idee e progetti, il luogo delle decisioni importanti, dell'intelligenza critica, del dibattito vero. E non il circolo sociale per aspiranti carrieristi della politica e per maturi professionisti in cerca di una seppur piccola ribalta.

Quel molto altro c'è, lo ribadiamo. I nostri prodotti digitali (questa app, il sito, le pagine Fb, le nostre mail), traboccano di interventi, proposte, sollecitazioni, proteste. Arrivano tutte dai lettori. Così come basta frequentare alcune associazioni per ascoltare progetti e dibattiti che sono lontani secoli luce dall'irritante nulla che si respira troppo spesso nell'aula del consiglio comunale. E' solo questa la forza capace di trainare fuori dalle secche una città oggi incapace di immaginare il futuro.

Riteniamo che prima ancora di iniziare quella stucchevole farsa del “chisaràcandidato”, sarebbe di gran lunga più importante sollecitare questa parte della città. Non sarà facile. Gli osceni spettacoli di questi anni consigliano inevitabilmente di stare lontano da ambienti poco salubri. Ma è anche vero che Avellino non può più fare a meno della parte migliore dei suoi cittadini.

Luciano Trapanese