Dopo più di sessanta appuntamenti si è conclusa la 41esima edizione del festival "Laceno d’oro".
Ma come è nato uno dei festival neorealisti più importanti? Ce lo racconta Paolo Speranza, uno degli animatori della manifestazione.
«La storia del Laceno comincia nel 1959 quando due giornalisti avellinesi decidono di dare vita ad un festival cinematografico. Camillo Marino e Giacomo D’Onofrio avevano inviato una lettera a Pier Paolo Pasolini che a quel tempo era uno scrittore e intellettuale di rilievo e non aveva ancora esordito alla regia. Il loro sogno si realizza concretamente nel 1959, anche grazie alla lungimiranza del sindaco di Bagnoli Irpino Tommaso Aulisa.»
Si trattava di giovani di poco più di trent'anni, che credevano fortemente nell'idea di un cinema capace di far riflettere.
«Il festival fu inaugurato proprio sull’altopiano di Bagnoli che per l’occasione inaugurò anche l’illuminazione elettrica, infatti la prima edizione si chiamerà proprio "Luci sul Laceno". Fino al 1965 il festival rimase in questa sede alternando alle proiezioni cinematografiche incontri con registi, mostre fotografiche ma anche concerti. lI Laceno grazie al festival ebbe un boom turistico irripetibile. Cominciò così il miracolo del Laceno d'oro.»
Il festival del Laceno però subisce un cambiamento radicale con il trasferimento ad Avellino nel 1966. Il passaggio non fu determinato dalla volontà degli organizzatori Marino e d’Onofrio ma dalla decisione della nuova amministrazione di Bagnoli Irpino che scelse di interrompere l’esperienza del Laceno d’oro.
«Dal 1966 il festival diventa esclusivamente cinematografico, aperto però anche a manifestazioni artistiche, mostre, presentazioni di libri e convegni. Uno dei primi convegni sul neorealismo si tenne proprio in una scuola di Avellino nel '66 quando sull’argomento parlò lo scrittore Domenico Rea. Diventa un festival di cinema d’autore ma anche di avanguardia perché lasciava spazio anche a giovani autori e a film difficili e indipendenti che non trovavano produttori, mercato e distribuzione nelle sale. Grazie al Laceno d’oro riuscirono ad affermarsi giovani autori dell’epoca come Bellocchio, i fratelli Taviani ed Ettore Scola, che nel 1969 vinse il suo primo premio da regista. Si accentuò anche il carattere internazionale, negli anni di Bagnoli il festival era prevalentemente italiano invece dal '66 la maggioranza degli ospiti proveniva da altre parti del mondo.»
Il festival rimane un'esperienza indimenticabile per le generazioni che l’hanno vissuto dagli inizi. Potrebbe questa manifestazione cosi ricca di storia diventare un mezzo educativo per i giovani avellinesi?
«La volontà del festival sin dai primi anni è stata quella di aprirsi alle scuole ai giovani al territorio. Molto prima che nascesse la rassegna del cinema per ragazzi di Giffoni, ad Avellino il festival organizzava incontri nelle scuole, dibattiti, proiezioni. E sono venuti a parlare con gli studenti registi e attori proprio per avvicinare i ragazzi al mondo del cinema. Ancora oggi se il Laceno d’oro vive nella memoria di tante persone è perché molti di noi hanno potuto avvicinarsi al cinema grazie a questa manifestazione. Quest’anno a esempio ci sono state due proiezioni al liceo Imbriani, in alcuni istituti di Ariano Irpino e delle letture di de Sanctis al liceo Colletta. Tutto questo perché la volontà è quella di educare e di formare. Proprio come voleva lo stesso creatore del festival, Camillo Marino. I linguaggi del cinema le formule e il contesto sono cambiati notevolmente e quindi bisogna adeguarsi ai tempi, ma quello che bisogna conservare è lo spirito di quell’epoca e questa volontà pedagogica. Ma anche far discutere e dialogare.»
Lucia Sepe
(Studentessa del Vivaio Ottopagine, il corso di giornalismo multimediale organizzato nell'ambito dell'iniziativa scuola/lavoro)