Ariano Irpino

“Quelle bestie devono morire, non perdonerò mai gli assassini di mio figlio.” Non si è mai rassegnato e mai lo farà, fino alla morte,  Michele Grasso, il papà di Angelo, il poliziotto ucciso 29 anni fa sull’Appia Antica a Roma, mentre era in auto con la sua fidanzata.

Figlio di una famiglia umile del Piano di Zona che aveva solo deciso di servire lo stato e voleva farlo nel migliore dei modi anche fuori dal servizio. Era il 23 gennaio 1988 quando una mano assassina, fece fuoco contro di lui uccidendolo a Roma, sotto gli occhi della fidanzata durante una rapina, compiuta ai suoi danni. Ariano da quella tragica sera, non lo ha mai dimenticato.

Quella di quest’anno è stata una commemorazione ancora più solenne, divisa in due momenti celebrativi. Il primo all’interno del Commissariato Ciriaco Di Roma, con la consegna di una targa in ceramica raffigurante lo stemma della Polizia di Stato. Insieme al Vice Questore Maria Felicia Salerno, dirigente del Commissariato di Polizia del tricolle, i suoi uomini, gli appartenenti dell’associazione nazionale della polizia di stato di Avellino, il Vicario della Questura di Avellino Vincenzo Massimo Modeo, il Vescovo Sergio Melillo e il parroco Don Raffaele Iorizzo. Subito dopo, nel cimitero, la deposizione di una corona di alloro dinanzi alla tomba di Angelo, donata dal Capo della Polizia Franco Gabrielli, una preghiera nel ricordo di Angelo e di quanti come sono morti nell’adempimento del proprio dovere e la benedizione a tutti i presenti. Ad Ariano è giunto anche il comandante della Polstrada di Grottaminarda Antonio De Bellis.

Particolarmente commovente l’abbraccio tra il Vice Questore Salerno e la mamma di Angelo, Viola De Pippo. E’ il dolore che accomuna ogni madre, una ferita profonda che non potrà mai essere rimarginata.

Chi non ricorda quel  23 gennaio 1988. Ariano tremò dopo la terribile notizia giunta dalla capitale.  Angelo libero dal servizio, si era appartato con la sua fidanzata Letizia Cavicchia, lungo l’Appia Antica. Ad un tratto quell’incontro fu interrotto dall’arrivo di due giovani con il volto coperto da passamontagna. Alla vista dei malviventi l’agente Grasso non rimase impassibile, non poteva. Non era un giovane qualunque, era un poliziotto, doveva opporsi ai suoi rapinatori con tutte le sue forze. E al rifiuto di consegnare quei soldi e gioielli i due delinquenti, fecero fuoco contro l’auto di Angelo, una fiat ritmo, che il giovane aveva da poco acquistato. Anche Grasso, estratta la pistola, sparò. Ma i proiettili dei due rapinatori lo avevano già ferito mortalmente. Terrorizzata, la giovane Letizia, resasi conto della gravità della situazione, riuscì  a spostare il corpo già senza vita di Angelo, sul sedile accanto, guidando per oltre tre chilometri fino a raggiungere il più vicino ospedale. Non ci fu nulla da fare, tutto si rivelò purtroppo inutile. Furono subito avviate le indagini. Il fratello Ottone, in servizio nell’arma dei carabinieri, giurò vendetta. A distanza di nove mesi dopo il delitto furono arrestati dalla squadra mobile due giovani tossicodipendenti di 23 e 24 anni, ritenuti colpevoli dell’omicidio. 

“Non potrò mai esprimere il perdono verso quegli assassini, mi hanno strappato un figlio dal mio cuore. E’ una ferita mai  rimarginata, per me restano delle bestie.”  Parole piene di rabbia quelle di Michele Grasso, papà di Angelo che abita insieme alla moglie Viola e alla figlia Annamaria nel piano di zona ad Ariano: “Mio figlio sognava di fare carriera, amava quella divisa. Aveva lasciato questa terra per aiutare noi, allora erano anni difficili, come del resto oggi e Angelo era andato via da questa terra, per cercare fortuna altrove, mai avemmo immaginato che nel suo lavoro pur essendo così rischioso avesse potuto incontrare la morte.”

Ma c’è anche un altro aspetto doloroso di questa triste vicenda. Ariano aspetta ancora l’intitolazione di una strada nel Piano di Zona, nel ricordo di un eroe e attento servitore dello Stato. Una lunga ed estenuante attesa, un desiderio espresso dai familiari che finora purtroppo non è stato ancora esaudito per una serie di ostacoli stupidi e burocratici ancora in atto. “Speriamo di vederla prima che moriamo – ci dice papà Michele – ogni anno tante promesse e poi tutto finisce nel dimenticatoio.”

Una domanda la rivolgiamo noi al comune. Qual è l’ostacolo? Chi sta impedendo l'intitolazione di una strada e per quale motivo? A chi da fastidio? Attendiamo una risposta immediati in termini di fatti e su questa storia andremo fino in fondo. 

Redazione