Benevento

 

Di Andrea Fantucchio

"Conosco un solo modo di fare il giornalista: annusare l'aria, andare sul posto dove accadono i fatti, capire cosa vive in prima persona chi è travolto da un avvenimento. Se parli di immigrati, vai a vedere i cadaveri che arrivano sui barconi. Se c'è un uragano, devi avere i piedi ben piantati nel fango. Tutte queste scene, il dolore, i pezzi di cadavere mutilati, spesso bambini, te li porti dentro. Ma poi da giornalista ha il dovere di "far incazzare" chi ti ascolta. Di smuovere l'opinione pubblica, affinché ci sia un'evoluzione del contesto sociale". Il racconto di Pino Ciociola, inviato de L'Avvenire. (Clicca sulla foto di copertina e guarda il servizio video) 

Una delle tante testimonianze raccolte questa mattina durante il Forum della stampa organizzato nelle sede della Caritas di Benevento. Per il secondo appuntamento del festival per l'integrazione, #PortidiTerra.

Presenti numerosi rappresentanti delle maggiori testate nazionali. Fra le tante: Repubblica, Rai, L'Avvenire, La7, Tv2000, e Ottopagine. Una presa di posizione dei media: che hanno deciso di non prestare il fianco alle facili strumentalizzazioni su temi delicati come l'integrazione. Semplificazioni che fanno l'interesse della malavita e della cattiva politica. 

Istituzioni che, troppo spesso, cavalcano i populismi che ingrassano il consenso elettorale ma uccidono i comuni. Soprattutto le realtà più piccole avviate verso uno spopolamento costante.

L'appuntamento di oggi è la continuazione della prima giornata del festival. Svoltasi ieri. 

Quando a Petruro Irpino, durante il primo giorno della manifestazione, sono arrivati i complimenti di Papa Francesco. Che ha voluto lodare l'esempio di Petruro, Roccabascerana e Chianche. Tre comuni che attraverso il sistema degli Sprar (modello d'accoglienza destinato alle famiglie di immigrati) hanno assicurato posti di lavoro agli abitanti del luogo e sono riusciti a integrare realmente i migranti, offrendo loro un inserimento nelle attività produttive locali.

Oggi la continuazione del percorso. 

Si è discusso della disinformazione diffusa intorno al concetto di migrazione. Notizie distorte che cavalcano i populismi del momento. Offrendo letture dei fatti superficiali e dannose.

Spiega Carmen Vogani di Rai 2: "A Roma nessuno si era mai lamentato del lavoro che mancava, delle mafie che gestivano le attività commerciali, della dispersione scolastica. Un'esplosione che è scoppiata quando sono arrivati i migranti. E, poi, si è sviluppata in modo endemico in tutta Italia. Cavalcata dalle derive populiste. Ho avuto la fortuna  di raccontare il caporalato. E la gestione distorta della accoglienza dei migranti compiuta da cooperative e pseudo-cooperative. Spesso conniventi con associazioni malavitose. Chi, come me, ha avuto a che fare con le mafie: ne sente subito la puzza".

Le fa eco, Clara Iatosti di Tv2000: "La mia è l'esperienza di una romana. Carmen diceva che noi, nella capitale, non conoscevamo la mafia. Perché ce l'hanno importata. Eppure abbiamo visto cosa accade intorno al mondo dell'integrazione. Se arrivano i migranti diventano spesso leva per la speculazione di politici e enti. Roma fa fatica ad avere un'identità: proprio per la sua vastità, sia geografica che sociale. E' più difficile sviluppare l'indignazione collettiva. Che si manifesta più facilmente nei piccoli comuni: dove il senso di appartenenza è più forte".

"Voi - continua la Iatosti - avete, però, dato un'indicazione. Col modello Benevento. Segnando una strada. Che parte dai piccoli comuni: dove l'integrazione rappresenta un'opportunità concreta. E chi lavora nella comunicazione può svolgere un ruolo fondamentale: guidando questi processi. Offrendo sempre la notizia con correttezza, senza strumentalizzazioni".

Pasquale Raicaldo, di Repubblica Napoli: "Ieri ho visto una storia bellissima a Petruro Irpino: una festa simile a quando, in paese, hanno festeggiato il battesimo di un neonato africano. Era il figlio di tutti. L'informazione ha il dovere di non piegarsi ai populismi e alle letture superficiali. Ho lavorato a Ischia, per un giornale locale, molti colleghi avevano l'abitudine di mettere nei titoli la nazionalità degli autori dei reati. E' così che si sviluppa un clima di dubbio e pregiudizio".

Daniele Biella, che scrive per Vita: "Vi racconto un'esperienza che mi è accaduta quando sono stato a un corso di formazione. Si parlava di come gestire un momento delicato della comunicazione, quando l'intervistato dice qualcosa di aggressivo o deontologicamente scorretto. Allora mi è stato detto dal relatore: "Io in quel caso tolgo il microfono". Poi ci sorprendiamo che c'è chi brucia case o rifugi. E siamo noi dell'informazione i colpevoli. Manca un pezzo. Non basta chiudere gli occhi per cancellare il problema. Bisogna chiedersi: e ora che si fa?"

Elisa Storace, di Tv2000, chiarisce magnificamente l'argomento: "Un insegnamento importante, che vorrei passasse soprattutto ai giovani presenti, è quello del giornalismo costruttivo. Di cosa si tratta? Superiamo le, "5 W", aggiungendone un'altra ( cosa si fa ora?). Bisogna scavare oltre la notizia, approfondire. Realizzare inchieste che sviscerino un problema, trovando anche  soluzioni. A poco servono notizie che durano il tempo di un tweet o di un like. Un esempio ci viene fornito dalla TV danese. Diventata in pochi anni un riferimento europeo".

Gabriele Zagni, esperto web e social di LA 7, racconta: "Per il lavoro che faccio, leggo per ore ciò che la gente scrive su internet. E mi rendo conto che, per quanto i commenti siano duri, e appaiono massimamente dettati dalla pancia, sono sempre una risposta a una comunicazione errata. Se l'acqua è avvelenata a monte, tutto il fiume sarà compromesso. Ieri ho visto il tweet di Claudio Marchisio. La foto di una donna che annata a e il commento: "Dove sta andando il mondo". Sotto il post migliaia di commenti, scusatemi il termine, di merda. Risultato di una prima comunicazione non profonda". 

Ottavio Lucarelli, redattore di Repubblica e presidente dell'ordine regionale dei giornalisti ha chiarito l'importanza della formazione e della corretta deontologia professionale: "Come ordine abbiamo un compito fondamentale: regolare l'accesso dei professionisti a questo mestiere. Abbiamo i giornalisti professionisti e i pubblicisti. La seconda categoria annovera fra le sue file persone provenienti dai lavori più disparati. Un arricchimento continuo per il nostro ordine. In questo processo la formazione è fondamentale. La deontologia è l'anima di questo mestiere. Perché spesso interagiamo con dinamiche delicatissime: come proprio i flussi migratori".

Luciano Trapanese, direttore di Ottopagine e anima del progetto #PortidiTerra con la Caritas di Benevento, Melania Petriello e Pino Ciociola, ha approfondito la questione: "Come informazione dobbiamo dare gli strumenti adeguati ai lettori. Molti, a partire dagli amministratori, non conoscono i processi che stanno interessando la nostra società. Penso al sindaco di Avellino che pronuncia la parola Sprar come "Sprer". All'inglese perché, probabilmente, non sa cosa sia. Ma non voglio certo assolvere l'informazione. Ricordiamo tutti un titolo che è girato dalle nostre parti recentemente, "Energumeno nero semina il panico". Tutto parte dalle parole giuste. Noi dobbiamo offrire una narrazione differente. Che permetta ai lettori di avere gli strumenti adeguati per leggere i cambiamenti che stanno interessando il nostro contesto sociale".

Un'idea ampliata da Melania Petriello: "Questo è un festival che nasce per aprire le porte a un'integrazione concreta. Figlia di un lavoro quotidiano, svolto dalla Caritas di Benevento, diretta da Don Nicola De Blasi, e professato ogni giorno. Attraverso la sinergia di scuole, associazioni, istituzioni e propri comunicazione. L'integrazione che coinvolge i piccoli comuni. A Petruro Irpino apriremo un asilo. Grazie al progetto degli Sprar. E le famiglie, integratesi nel tessuto sociale, da un lato permettono la sopravvivenza del paese in spopolamento, dall'altro offrono occasioni di lavoro concreto ai ragazzi del posto (Sono sette i giovani del posto già impiegati nel sistema Sprar). Vogliamo continuare su questa strada".